Le disavventure di Amos Barton di George Eliot

Titolo: Le disavventure di Amos Barton

Autore: George Eliot

Editore: Fazi

Pagine: 124

Prezzo: eur 12,75 su ibs

  • Copertina: 5♥ su 5
  • Storia: 5♥ su 5
  • Stile: 5♥ su 5

 

Vedete quella piccola chiesa laggiù?

Fa parte della comunità di Shepperton, una minuscola cittadina della provincia inglese.

Non è mai molto affollata, si intravedono spazi vuoti tra le sedute delle panche. Ci si viene volentieri, per rispetto, devozione ma non certo per il coinvolgimento delle prediche. Il curato infatti è un tipo particolare, sembra ben disposto, cordiale, pronto a far del suo.

E’ anche molto goffo, sgrammaticato quando parla, ignaro talvolta del galateo e in ritardo spesso sull’intendere le situazioni.

La moglie è deliziosa, più discreta e riservata del marito. Manda avanti la casa con umiltà che cerca di far passare per ordinari mestieri. In realtà le finanze non brillano e la vergogna di chiedere caritatevoli aiuti comincia a pesarle.

Amos Barton, il curato appunto, è molto più tranquillo. Non si sa se per ignoranza o superficialità. Non si accorge granché delle voci alle sue spalle né dell’opinione ormai consolidata tra i fedeli circa la sua mediocrità.

Ha lui stesso bisogno di loro dal punto di vista materiale che loro delle sue doti spirituali.

Proprio quando il disamore sembra alle stelle e la tolleranza vacilla, un evento sospettato e temuto si realizza, gettando il povero Barton in ambasce. Ma proprio lì la reazione della comunità scalza le aspettative e mostra la sua vera essenza.

Il romanzo, brevissimo, parliamo di poco più di 100 pagine, fa parte di una raccolta dal titolo “Scene di una vita clericale”.

Questo in particolare potrebbe far pensare che Amos Barton sia il protagonista ma non è propriamente così. La storia infatti porta sul palcoscenico tutta la comunità disegnando un quadro realistico e godereccio di una piccola cittadina del tempo dove i pettegolezzi sono il telegiornale quotidiano e il passaparola ingigantisce e stravolge la vita di ognuno.

Anche se fugacemente, Eliot dà attenzione a tutti i personaggi citati. Poche ma scelte parole per tratteggiarne le caratteristiche salienti.

Per Amos invece c’è una cura particolare, un dilungarsi sulle sue contraddizioni e singolarità tanto da farne un uomo quasi buffo più che biasimevole. Guai a non affezionarsi a lui

“Che peccato per l’uomo meritevole che, come quella candela, si mette nel posto sbagliato! Solo le anime più magnanime saranno in grado di apprezzarlo e averne compassione”

La prosa è singolare. Lo scrittore (dovremmo dire la scrittrice no?) si rivolge direttamente al lettore. Lo incalza con domande retoriche, gli sottopone questioni e gli chiede pareri quasi fosse un dialogo a due in poltrona.

Scorrevole, spumeggiante in alcuni passaggi. Capitoli brevi in cui si cambia scenario e attori senza però perdersi.

Sottile l’intento della storia, che fa leva sulla facilità con cui si giudica ma anche sull’altrettanta immediatezza con cui i più buoni di cuore fanno muro davanti al pericolo.

Molto carino, si sottolinea, si sorride, ci si sofferma.

Middlemarch è ancor insuperabile ma la penna di Eliot ormai ha fatto centro.

 

 

 

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