Saggio sul cercatore di funghi
Peter Handke
Traduttore: A. Iadicicco
Editore: Guanda
Collana: Narratori della Fenice
Anno edizione: 2015
La storia è narrata in prima persona da uno scrittore che si trova in una casa davanti un bosco, seduto alla sua scrivania. Fuori sferza la pioggia autunnale e l’uomo è in procinto di scrivere un racconto su un suo amico scomparso, il cercatore di funghi.
Dopo la seconda guerra mondiale i funghi del sottobosco, impossibili da coltivare nelle cantine, divennero oggetto di commercio.
Un bambino, in cerca di danaro per sfamare sé stesso e la famiglia, vede nei funghi una via d’uscita. Il cercatore di funghi inizia così la sua conoscenza con i boschi di conifere della campagna francese, dove gli abeti rossi crescono così fitti e vicini da sembrare grandi braccia avvolgenti. Nel sottobosco la luce è crepuscolare, il cielo quasi non si vede perché la verde natura si è presa tutto lo spazio.
Nonostante i colori opachi e l’insieme delle sfumature che fanno sembrare tutto uguale, il bambino riusce a trovare subito i cappelli dei funghi spuntare da sotto il muschio. Li vede come se emanassero una luce propria, come se si illuminassero al suo passaggio.
Il bosco gli parla.
…il frullare delle betulle, lo stormire dei faggi, il sussurrare dei faggi, il frusciare delle querce.
Saperlo sentire lo rende un tutt’uno con ciò che lo circonda.
Nel bosco sparisce alla vista di tutti, si ferma il tempo.
Il bambino guadagna pochi spiccioli dalla vendita dei funghi ma ne è felice. Ha fame, non solo di cibo ma anche di conoscenza. Cresce e la passione dei funghi con lui. Alla fine i pezzi raccolti non si vendono più. La ricerca diventa fine a se stessa. Cercarli x averli.
Il bambino diventa un uomo, si sposa, sta per diventare padre, fa l’avvocato con successo. I funghi sono il passato, le privazioni. Così quella passione così fisica si trasforma in fastidio.
Il suo carattere però, secondo il narratore, rimane particolare, ambiguo. Il cercatore è presente a sé stesso ma senza preavviso anche improvvisamente assente. Un’ alternanza che lascia qualsiasi interlocutore esterrefatto.
Si reca sempre nel bosco. Ma senza guardare a terra, con gli occhi rivolti all’orizzonte ed alla fine del sentiero. La ricerca di funghi non ha più memoria in lui.
Un giorno estivo invece, andando incontro alla moglie ,vede qualcosa che lo lascia sbigottito, esterrefatto. Qualcosa a lungo cercata ma mai trovata e che solo in quel momento spunta improvvisamente sul suo cammino.
” un fungo porcino… Con quel brillante cappello rosso bruno per niente rosicchiato da lumache o animaletti simili, di un bianco puro nella parte sottostante.”
Come in un libro illustrato o una favola per bambini. L’emozione è fortissima.
E’ la prima volta che vede il re dei funghi. Il porcino, ha assunto nell’immaginario del cercatore un aspetto inverosimile, come una pietra preziosa dal colore cangiante e dalla brillantezza pulita. Desiderare una cosa per tanto tempo inevitabilmente porta a mitizzarla attribuendole caratteristiche che non ha.
Il sentiero “prenatale” del prezioso ritrovamento segna la ripresa della sopita passione. Non il trovare soddisfa ma il solo cercare, come se una sorte di elisir entrasse nella mente del cercatore rendendolo più brillante, arguto, perspicace.
Avere una passione rende ogni giorno un giorno grandioso.
metteva a tacere l’infinito discorso interiore, metteva a tacere i desolanti ritornelli, metteva a tacere le tormentose false melodie, tacitava, tacitava, e lasciava in silenzio…
E così continua minuziosa la descrizione del narratore ed emerge come un amore viscerale e radicato verso qualcosa (la ricerca di funghi, la scrittura…) possa assorbire ogni pensiero, ogni attenzione del soggetto che non si preoccupa più del risultato bensì tra soddisfazione dalla cosa in sé.
Il cercatore smarrisce sé stesso, fa perdere le sue tracce, abbandona tutto e tutti e solo ln narratore, chissà se per uno scontato lieto fine o per davvero, riuscirà a ritrovarlo.
Il saggio ci è piaciuto per le bellissime descrizioni del bosco viste attraverso gli occhi di un osservatore attento; attento ai rumori, ai colori, alle forme e ai movimenti impercettibili. Il bosco ne è una miniera d’oro.
E’ stata una scoperta, pagina dopo pagina, trovare la riflessione verso cui ci spinge Handke.
Vivere una passione con la testa e col cuore, presto si trasforma in un lavoro. Impegna, richiede studi ed approfondimenti, dà una ragione per vivere ed un motivo per sentirsi utile.
…il tempo di mettersi in cammino, di cercare, trovare e tornare a cercare : una forma di eternità.
Basta poco però perché si sgretoli il muro che separa la passione dalla dipendenza, quando un interesse verso qualcosa si considera lavoro imprescindibile e di comune utilità, improcastinabile.
La passione si trasforma in fanatismo.
Lo stile è ironico, a tratti scherzoso. Il saggio si legge in poco tempo e merita attenzione. Il tema è alleggerito proprio dall’aneddoto del cercatore di funghi che, con la sua smania di trovare continuamente ed il suo comportamento sopra le righe, ci fa riflettere sul giusto peso da dare alle cose.
Da leggere!