Patrimonio – Philip Roth

Patrimonio – una storia vera

Autore: Philip Roth.

Vincitore del premio Pulizter con Pastorale americana e insignito con altri prestigiosi premi letterali, Roth non finisce di stupire e di superare le aspettative dei suoi lettori.

Editore: Einaudi

 

“E’ l’agosto 1937. Abbiamo quattro, nove e trentasei anni. Ci drizziamo verso il cielo formando una V, di cui i miei sandaletti sono la base appuntita e le spalle larghe di mio padre – tra le quali è perfettamente centrata la faccia furba da folletto di Sandy – le due imponenti terminazioni della lettera. Sì, quella che spicca sulla foto è la V di Vittoria…”

Si presenta così questo libricino, con una copertina in bianco e nero ed una vecchia foto di un album di famiglia. Per noi lettori è una foto speciale perché ci rivela un pezzetto di vita di quel grande Roth che stordisce e stupisce l’America con i suoi romanzi e giunge negli altri paesi come un pluripremiato e riconosciuto letterato.

Un Roth che ci si rivela come uomo comune, come figlio preoccupato, disarmato e poi impaurito difronte all’arrivo di un momento doloroso ed inevitabile della sua vita.

Sullo sfondo di una suggestiva Newark, che vuole dimenticare gli anni del disagio multietnico per aprirsi ad un futuro più tollerante, la famiglia Roth affronta gli ultimi passi della vecchia generazione che se ne va.

Dopo l’improvvisa ed inaspettata morte della mamma, che non ha avuto bisogno di assistenza alcuna, il padre dell’autore viene colpito da un’aggressiva malattia.

I ruoli che si invertono, un figlio che diventa padre, guida il genitore, decide per lui, lo prende per mano nascondendo il tremore della sua prima dell’ultimo saluto. Un padre che ritorna bambino, che si sente smarrito e si sveste dell’audacia e della sicurezza spavalda di un adulto, desideroso di farsi guidare e non essere lasciato solo.

La dignità ed il coraggio hanno accompagnato Hermann Roth fino alla fine. Un uomo tutto d’un pezzo, che ha tenuto testa alla malattia con determinazione, che ha superato i momenti di sconforto con atti di resilienza.

Lo spettro della morte e soprattutto i primi ed insistenti segni della vecchiaia cambiano il rapporto padre-figlio. Piccoli scontri, rinunce, indifferenze lasciano spazio ad un tenero affetto di pensieri, telefonate, visite. Il ritmo forsennato della vita si ferma difronte alla morte. Le lancette dell’orologio rallentano quando capiamo di avere poco tempo a disposizione.

 

Il figlio lascia pazientemente spazio alla memoria del padre che, proprio alla fine, si ricorda dei più piccoli particolari della sua gioventù e rievoca nomi, eventi e date quasi a voler allentare quel filo della vita che ora è troppo teso.

Personaggi veloci, comparse, amici e conoscenti, rivivono nelle parole di un ottantaseienne, che sa di poter contare su un ricco passato ma non sul futuro.

Hermann Roth è un ebreo immigrato che ha lavorato duramente, consapevole delle sottili discriminazioni cui era sottoposto, per dare alla famiglia una vita dignitosa. E’ un tipo testardo, sicuro e burbero ma anche affascinante perché grande amante della vita e attento che ognuno faccia la sua parte con coraggio e senza remore.

La morte improvvisa della moglie se sembra inizialmente abbatterlo in realtà diventa una spinta per vivere appieno ancor di più. Amici, viaggi, amanti, mille interessi tra letteratura, sport, pratica religiosa. La diagnosi della malattia lo sfiora, lo butta giù ma lui si rialza, lo umilia ma lui reagisce e passa oltre. Una grande prova di dignità e resilienza agli occhi del figlio che ci racconta come lo ha assistito e come abbia visto un combattente della vita rimanerci aggrappato con le unghie senza mai piangersi addosso.

Philip Roth scrive così questo piccolo “Patrimonio” che non ha nulla a che vedere con testamento o cimeli intrisi di ricordi. Il patrimonio è la vita di tutti i giorni, è la semplicità delle azioni che si susseguono una all’altra, sono i sentimenti che il destino ci fa maturare. Un Roth che scrive col cuore pagine di emozioni intense ma mai scadenti nel melenso anzi con la giusta obiettività che può cogliere uno scrittore del suo calibro.

“Devo ricordare con precisione – mi dissi – ricordare ogni cosa con precisione, in modo che quando se ne sarà andato io possa ricreare il padre che ha creato me”.

 

Una lettura intima, coinvolgente, tenera. Un uomo che mette a nudo la sua fragilità ed impreparazione difronte alla perdita lenta ma inesorabile della persona cara.

Abbiamo trovato il solito Roth che per noi quando sembra aver raggiunto il massimo della staticità, subito capovolge la storia e ti fa muovere l’anima. Un alternarsi di stati emotivi che prendono il lettore per mano e lo fanno sentire quasi parte della famiglia.

Consigliato a tutti i figli, di tutte le età, perché quello che ha vissuto Roth è, sarà, o è stato, un passaggio che il destino ci riserva. Adatto a chi ama i racconti introspettivi, autobiografici. A chi cerca una storia di sentimenti non scontati anzi, spesso taciuti. A chi vuole leggere su carta un po’ del proprio dolore e a chi da questo dolore ne vuole uscire perché il patrimonio di cui parla Roth ce lo abbiamo tutti, basta sapergli dare un nome.

 

 

 

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