Nell’antro dell’alchimista. Vo.1 – Angela Carter

Titolo: Nell’antro dell’alchimista

Autore: Angela Carter. Scrittrice britannica. Cominciò a fare la giornalista per poi laurearsi in letteratura inglese medievale.
Per due anni visse in Giappone. Insegnò scrittura creativa presso varie università
La sua opera le valse ampia conoscenza nel suo ambiente, caratterizzata com’era da uno stile particolare ma di grande ricchezza e carattere, carica di citazioni e allusioni. I suoi personaggi sono pittoreschi, gotici, grotteschi e in aperta opposizione alla cultura maschilista. Riscrisse favole e storie appartenenti al repertorio popolare, per capovolgerne le premesse ideologiche.

Editore: Fazi – 2019

Collana: Le strade

Pagine: 376

Prezzo: 14.88 eur

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5 Amletica
  • Storia: ♥♥♥♥/5 Surreale
  • Stile: ♥♥♥♥/5 Impegnativo

 

Ci siamo avvicinate alla Carter con ingenuità.

Senza troppe informazioni alle spalle, ci aspettavamo una semplice rivisitazione di alcune fiabe con qualche racconto inedito da cornice.

Ci siamo sbagliate.

Il libro è il primo di due volumi che raccolgono la produzione di questa scrittrice inglese, purtroppo morta all’apice della sua carriera. E’ composto all’interno da tre parti:

  • Primi racconti 1962/1966
  • Fuochi d’artificio: nove pezzi profani 1974
  • La camera di sangue e altri racconti 1979

Gli scritti iniziali sono pochi ma già ben chiaro si capisce lo stile peculiare del libro che abbiamo tra le mani, un assaggio dell’impronta che l’autrice darà alle pagine successive. Non siamo di fronte a una struttura logica, consequenziale, pulita e deduttiva della trama. Al contrario il mondo su cui posiamo gli occhi galleggia tra reale e non, possibile e impossibile.

La seconda parte risente molto del soggiorno che la Carter fece in Giappone, il quale le permise di cogliere tanti aspetti di quella cultura così diversa dall’occidentale. Aspetti che hanno sicuramente contribuito ad arricchire l’immaginazione della scrittrice.

“Guardando un samurai non si direbbe che è un assassino, né che una geihsa è una puttana. La magnificenza di tali oggetti quasi non appartiene all’umano. Vivono in un mondo di icone e in quello partecipano a rituali che trasformano la vita in una serie di gesti sublimi, tanto commoventi, quanto assurdi”

Da qui nascono una serie di racconti dal linguaggio eccessivo, caotico, a tratti di una schiettezza disarmante. La cerimoniosità dei giapponesi ed il loro forte senso del simbolismo vengono portati allo stremo. La delicatezza dei paesaggi ritoccata con un erotismo tra il lecito e non. Le nostre impressioni dopo aver letto, diciamo metà libro, sono state di confusione, disordine.

Ci siamo chieste se era necessaria maggior preparazione per comprendere questa raccolta dove a volte il senso stesso di una pagina ci è sfuggito. Perché siamo andate avanti? Perché vi consigliamo di farlo?

La terza parte è decisamente la migliore. Inquietante, stimolante, magnetica.

La fonte d’ispirazione sono le favole dei fratelli Grimm così come il mondo disneyano che popola milioni di infanzie. La Carter ha ridotto tutto a brandelli, poi ha ricostruito i suoi di personaggi, dal carattere diverso, dall’indole contraria ed ha creato altri scenari, altri finali.

Il richiamo alle storie fiabesche che conosciamo è forte. Dalla descrizione di un castello abbandonato, dove la sensazione che sia abitato contrasta con la totale assenza di un essere umano, rimanda subito alla dimora della Bestia (Bella e la Bestia), una merenda da portare attraversando il bosco a Cappuccetto rosso, un burattino che diventa vivo a Pinocchio.

Non avete idea, lettori cari, come quello che conosciamo possa essere solo una delle tante facce di quello che è invece possibile.

Con un linguaggio simbolico, esotico, anche volgare, favolista e  surreale, la Carter parla di incesto, di perversione, di malvagità e bestialità, perché anche la nonna  di Cappuccetto potrebbe essere il lupo, anche Belle potrebbe essere più forte del suo carceriere ed i gemelli che si perdono nel bosco, invece di scoprire la casa di marzapane potrebbero trovare l’amore seppur proibito.

Questi racconti sono stati scioccanti. Toccano sul vivo quel ricordo che abbiamo di un mondo infantile che ci portiamo sempre dentro, seppur in briciole, dove c’è sempre il lieto fine, il buono vince sul cattivo, il malvagio è esteticamente brutto, l’amore è solo platonico.

La Carter cambia tutto con docce gelate di altre possibilità. La fiaba di Cappuccetto rosso viene rivisitata in più di un racconto, cambiando ruolo o carattere di uno o tutti i personaggi che poi vuole dire reinventarli, dar loro nuova vita. Anche Bella e la Bestia hanno ispirato alla scrittrice diversi intrecci, tutti molto interessanti.

Il racconto più bello che è anche il più conosciuto è stato La camera di sangue. Con uno stile elaborato e surreale, l’autrice ci regala una storia gotica, inquietante ed evocativa. Da subito si afferra il testo originale di ispirazione.

Una nota che accomuna buona parte di questa raccolta è stata la presenza di una figura femminile forte, indomita, salvifica, talvolta malvagia, volgare e incestuosa ma sempre emergente.

Tirando le somme, il nostro parere è positivo. La curiosità soddisfatta. Le emozioni sono venute a galla disordinatamente e questo articolo è stato faticoso scriverlo proprio per questo.

Se volete evadere dalle letture abitudinarie, o dalla comfort zone, se cercate qualcosa di destabilizzante (lo è stato il racconto sul mondo speculare), disturbante (come la storia del cacciatore e la sua giovane primitiva), sorprendente (come le non-favole) allora questo è il libro giusto.

 

 

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