La storia di Elsa Morante

Titolo: La Storia

Autore: Elsa Morante

Editore: Einaudi – 2014

Pagine: 672

Prezzo: eur 15,20 brossura

 

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5

Un militare cammina per le vie di San Lorenzo a Roma. La sua divisa, il suo modo di fare, non hanno nulla a che vedere con la solita immagine del soldato tedesco, attaccabrighe e supponente.

Il giovane, andando chissà dove, si scontra con Ida che lo guarda con occhi terrorizzati.
Ida è nata a Cosenza in Calabria da papà Giuseppe che faceva il maestro, e mamma Nora veneziana.
Cresce in una famiglia dabbene, che la tiene da conto. Di natura È orgogliosa, introversa.
La sua è una storia semplice e comune. Un’infanzia tranquilla, la scuola e il fidanzamento con Alfio Mancuso che poi sposa andando a vivere a Roma.
Sono anni importanti quelli che sta vivendo il nostro paese. Siamo nel 1922 e Ida è testimone della marcia su Roma seppur soltanto attraverso grida e spari che sente dalla finestra.
Da queste prime pagine emerge già dirompente lo stile e il carattere che avrà questa storia.
La trama non dipende solo dai personaggi, è tutto il contesto che si muove, recita, racconta.
E’ la Storia, delle alleanze, delle ascese al potere, della dittatura e delle leggi razziali, della caccia all’uomo, dei soldati dispersi, delle famiglie spezzate. Ma intrecciata, fusa in questa grande Storia ce n’è una più piccola, altrettanto potente.
Ida diventa madre una volta. Nino è il suo cruccio, con quel carattere ribelle e presuntuoso.
Non riesce a tenerlo alle sue gonne, già giovanissimo se ne scappa via.
Poi arriva Useppe, figlio per sbaglio ma che non per questo ha meno amore.
E poi la guerra, i bombardamenti, i razionamenti alimentari. La casa a S.Lorenzo diventa un cimitero di rovine, la vita cambia ancora.
Ida è sempre la stessa, la Storia le scivola addosso. Di attaccato rimane solo la paura di non essere all’altezza di una razza perfetta. I giorni passano così, cercando di non farsi notare, di muoversi nell’ombra e contenere l’entusiasmo fanciullesco di Useppe che cresce. Nino ha già spiccato il volo, così spavaldo ed irriverente, con quella sua voglia inarrestabile di cambiare il mondo.
Le pagine scorrono come in un film in bianco e nero. Tra dialetti, dialoghi accennati, comparse e protagonisti, il tempo va avanti.
Ida si sposta come nella corsa a ostacoli, saltando con delicatezza tutti quelli che le si parano davanti. La sua vita è scandita da cose semplici come la corsa al rifugio quando suona l’allarme, la fila per un tozzo di pane, le ore a lavoro col pensiero del suo bimbo solo in casa.
Per fortuna dopo ci sarà Bella, un cane che gli fa da seconda mamma e che le regala un pizzico di tranquillità in più davanti alla difficoltà di capire perché Useppe non cresce bene, perché il suo sguardo a volte appare vuoto, la sua voce falsata.
Che prosa incredibile. Che modo di descrivere senza dire, di raccontare senza date eppure creare una linea temporale perfetta.
Roma in ginocchio.
Roma bombardata e ridotta alla fame.
Negli ultimi mesi dell’occupazione tedesca, Roma prese l’aspetto di certe metropoli indiane dove solo gli avvoltoi si nutrono a sazietà e non esiste nessun censimento dei vivi e dei morti.
Una moltitudine di sbandati e mendicanti, cacciati dai loro paesi distrutti, bivaccavano sui gradini delle chiese o sotto i palazzi del papa; e nei grandi parchi pubblici pascolavano pecore e vacche denutrite, sfuggite alle bombe e alle razzie delle campagne..
Dentro la Storia continuano a passarne altre minuscole, che lasciano il segno. Comparse che rubano la scena. L’indimenticabile Davide, che non riesce a trovare un posto nel mondo che non gli faccia male; Santina, dalla morale calpestata ma custode di un amore che forse sa di avere ma di non poter prendere; il piccolo Scimò, tanto strafottente da tenere banco quanto poco adulto per procurarsi da vivere.
Non è facile mettere un punto alle emozioni e riflessioni che ci ha lasciato questo romanzo. La sua potenza parte piano, bassa e silente. Poi si fa più forte, si intensifica e ti avvolge. Ti tiene stretta a sé perché la fine te la deve raccontare. E’ un libro che parla, che si muove, che fa male e che sgomenta.
E’ la Storia di tutti, che è stata e che sarà. Si ripete ciclicamente, inarrestabile. nascita, morte e rinascita. E’ un tempo continuo. La grande guerra, di eserciti e campi di battaglia, che lascia dietro di sé una scia di perdita e dolore. Poi c’è la guerra dei singoli, ignota agli altri, privata, portata avanti, chi con sfrontatezza chi, come Ida, con riserbo.
Abbiamo avuto fiducia in lei, l’abbiamo seguita confidando nella sua buona volontà . Non ci siamo scoraggiate difronte alla sua  semplicità disarmante. Ci siamo strette a lei quando tremava di paura e l’abbiamo guardata con ammirazione quando ha raccolto briciole di successo. Alla fine, l’abbiamo capita completamente, si è aperta a noi come un fiore che sboccia. Si è fatta leggere dentro e ci ha chiesto di lasciarla in pace.
Un romanzo unico. Una scrittura commovente, profonda, senza filtri. La capacità narrativa della Morante alleggerisce le oltre 600 pagine del testo regalandogli una leggerezza impensabile. E’ uno dei libri più completo mai letto. Apre gli occhi, tocca il cuore, ti prende per mano.
Il nostro entusiasmo speriamo trasudi da questo articolo perché, caro lettore, ci sono delle opere che vanno lette in quanto patrimonio della letteratura.
Questa è una di quelle.
La camera a gas è l’unico punto di carità, nel campo di concentramento.
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