Idda _ Michela Marzano

Titolo: Idda

Autore: Michela Marzano. Giovane professoressa di Filosofia in Francia e già scrittrice da diversi anni.

Editore: Einaudi

 

Alessandra è una biologa, docente universitaria. Lavora a Parigi, dove è arrivata in tutta fretta per lasciarsi alle spalle un passato italiano da dimenticare.

Normalmente chi cambia paese si strugge di malinconia, mal si adatta al nuovo cibo, alle diverse abitudini, agli usi ed alle frasi fatte in una lingua non propria, ma chi arriva perché sta fuggendo, assimila qualunque cosa e si adatta senza rimpianti e senza nostalgia.

Alessandra vive con Pierre, un dolce e premuroso compagno che ha sempre provato a sapere qualcosa di più sulla vita in Puglia, sull’infanzia della donna che ama, ma ha sempre trovato grandi silenzi.

Alessandra è andata via dopo la morte improvvisa della madre. Ci fu un incidente, in auto. Il padre è stato in coma qualche giorno e poi è finito su una sedia a rotelle, la mamma non ce l’ha fatta. La ragazza, legatissima al genitore materno, rimane sconvolta e incolpa il papà di quello che è successo. Sapendo che la zia Filomena si sarebbe trasferita a casa sua per occuparsi del fratello ormai invalido, neanche i sensi di colpa hanno più mitigato la rabbia per l’accaduto. Così un aereo ed una nuova vita all’estero sembravano la soluzione migliore per non soffrire.

La mamma di Pierre soffre di demenza senile. Si trova in un’accogliente casa di riposo e nuora e figlio la vanno a trovare spesso, cercando ogni volta un appiglio, un dialogo, che possa tenerla ancorata alla realtà.

“Ci sono parole che creano confusione e parole che rasserenano. Parole che scavano una distanza e parole che costruiscono ponti”

Non è facile avere a che fare con qualcuno che improvvisamente non ricorda più nulla, che confonde presente e passato, che cancella ricordi e memorie di una vita. Così, su consiglio di una dottoressa, Pierre ed Alessandra cercano di rispolverare la mente di Annie; prima assecondandola nel suo farneticare e poi cercando di risvegliare in lei la memoria assopita.

E’ doloroso vedere una persona cara perdersi, non riconoscere i propri affetti, negare le proprie scelte. E’ straziante se a farlo è una madre che guarda il figlio come un estraneo, che non sa chi sia e non riesce a ricordarne niente. Ogni tanto una parola, una risposta, che fa capire il barlume di lucidità che è apparso ma subito annegato nell’abisso del nulla.

 

“Cosa resta di noi quando perdiamo noi stessi?…Resta quello che noi specialisti chiamiamo i residui di sé. Anche allo stadio più avanzato di una malattia neurodegenerativa, quando i centri fisici della memoria sono quasi intermante distrutti, rimane la percezione di ciò che accade, rimane l’affettività”

E’ in questi pomeriggi in cui si cerca di contrastare il decadimento di Annie, in cui poi si sgombra una casa che ormai non sarà mai più utilizzata e si mette mano ai ricordi conservati che Alessandra ricostruisce il passato della suocera. Lo fa meticolosamente, come cataloga le sue piante, lo fa per non dover accettare il lutto di una donna ancora in vita. Forse lo fa per poter dare a Pierre una prova tangibile e condivisibile della sua infanzia, che la madre non ricorda più.

 

Idda, Annie, è stata un’affasciante segretaria degli anni Quaranta, innamorata e ricambiata dal suo capo Jean. Il loro è stato un amore pulito, forte e duraturo. Un amore che è sopravvissuto alle voci malevole dei colleghi d’ufficio, ai viaggi di lui per lavoro e alla profonda perdita che ha cambiato per sempre Annie anche nell’atteggiamento verso il suo unico figlio Pierre.

E’ proprio in questa ricostruzione storica che Alessandra si risente figlia. Emerge in lei prepotentemente l’attaccamento alla famiglia, alla sua terra d’origine, il desiderio di tornare e sapere cosa è accaduto. Capire perché rifiuta di sposarsi, di avere figli, di parlare dei suoi ricordi.

“Certe cose fanno male solo quando le si nominano, smettere di nominarle significa voltare pagina, sopravvivere”

Così si parte, verso il Salento, magnifica terra nel sud Italia, calda e dorata, con distese di vigneti e filari intervallati da casolari rustici. Qui Alessandra viene investita da un’onda di immagini di quando era piccola, che mette insieme, parola dopo parola. Pierre è vicino a lei ad ascoltarla. Questa è un’Alessandra nuova, felice ed affettuosa, legata ai genitori, amata e coccolata. Una bambina che passava le giornate all’aria aperta, che correva in bicicletta e si nascondeva all’ombra dei vigneti. Poi arriva una bimba impaurita dalle urla dei genitori che litigano. Una piccola donna che sente la madre piangere, il padre bere e la zia Filomena sempre a metter bocca ed a sgridare. Ma l’amore è eterno?

Non è facile ritrovarsi davanti al proprio padre dopo più di dieci anni. Accettare di vederlo trasformato, invecchiato, reso fragile dal tempo che passa e dal dolore. Non è facile trovare una casa per metà abbandonata, con le stanze della sua infanzia chiuse a chiave. Non è facile trovare il coraggio di tirare fuori il dolore, rimetterlo in discussione, scavarci dentro per avere altre risposte, altri particolari.

Attraversare le macerie per ricostruire quello che è stato.

 

Alessandra, stringendo la mano di Pierre, rivuole la sua identità, la rivuole intera senza punti d’ombra. Suo padre è l’unico che possa aiutarla.

Bello e commovente. Un percorso a ritroso nelle vite dei protagonisti per rintracciare quel sentimento che si spaccia per eterno, l’amore. Questo libro parla infatti di amore. E’ amore quello di Pierre e Alessandra, due figure così diverse e cosi complementari di cui la Marzano in poche righe riassume meravigliosamente la parte più intima

“…siamo complementari, lo siamo sempre stati, come i colori di tinte opposte: quando l’intensità è opportunamente bilanciata, il risultato è neutro, i due colori si annullano a vicenda e viene fuori il bianco, ossia la perfezione…”

E’ amore quello di Pierre verso la mamma, che fatica a veder scomparire nell’oblio della vecchiaia e che con rabbia cerca di riportare all’immagine che ha stampata nel cuore. E’ amore quello di una giovane Annie, che sfida pregiudizi e dolore per rimanere al fianco del suo uomo e che proprio per un amore, purtroppo non sopravvissuto, se ne allontana.

Annie ragazza, Annie adulta, Idda, è lei, in un dialetto corposo e poco parlato, ad essere la chiave di tutto.

La Marzano, con una prosa scorrevole e delicata affronta il tema dell’amore e dell’identità. Nonostante nella trama ci siano salti temporali, si intersechino periodi e storie di vita diverse, non ci sono scossoni, ne curve emotive. Si procede con passo tranquillo, pagina dopo pagina, per catturare tutto quello che la lettura ci vuole dare. Emozioni dei protagonisti, colori di una terra che vuole tornare vivida nei ricordi, parole ricercate ed accurate per scavare nel buio della stanza della memoria.

Non c’è nulla che non ci sia piaciuto in questo romanzo. Ci ha lasciato la voglia di cercare anche noi un posto  d’ombra tra i vigneti salentini mentre il sole brilla nel cielo terso e in lontananza si intravede un vecchio convento del Seicento, dimora di una famiglia ritrovata.

Consigliatissimo a chi cerca una bella storia, scorrevole, di sentimenti e vita vissuta. Adatto a chi vuole intrattenersi con una piccola storia familiare che non arriva ai “volumi” della saga ma che ne sfida i contenuti. Consigliato a chi può capire cosa significhi avere una persona cara talmente anziana da averla già persa prima ancora del lutto, a chi sente minacciata la propria identità e non trova la strada per potersene riappropriare.

 

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