Estratto da La misura del tempo – G.Carofiglio

“Era l’epoca in cui cominciava a mutare in maniera irreversibile il paesaggio sonoro della nostra vita. Un’epoca ancora piena di rumori e suoni che oggi non esistono più.

Per esempio il rumore  del gettone o della moneta inseriti nel telefono pubblico; e il rumore, simile, eppure molto diverso, dello scatto quando un gettone o un valore equivalente in lire veniva consumato.
Il ruotare del selettore a disco nei telefoni di casa, strani oggetti grigi, panciuti, rassicuranti. I diversi suoni della macchina da scrivere. Quello dei tasti-ritmico o titubante a seconda della bravura del dattilografo – che era prodotto anche, e soprattutto, dalla testine con le lettere che battevano sul foglio. Quello del rullo, fatto ruotare con le manopole nere e zigrinate. Quello della levetta per andare a capo. Quello del fermafogli che colpiva la carta come per infliggerle una ferita e ridurla all’impotenza.
Il tac del registratore, quando lo facevi partire o lo fermavi;il rumore carico di urgenza, leggermente vertiginoso, del nastro che si riavvolgeva.
Il picchiettare quasi frenetico della calcolatrice che stampa a il risultato delle operazioni su un rotolo di carta.
Era un mondo analogico fatto ancora (ancora per pochissimo, ma noi non lo sapevamo) di rotelle, ingranaggi e pulsanti. “
L’ultimo libro di G. Carofiglio:
La misura del tempo
Finalista premio strega 2020.
Un romanzo bellissimo, in cui il caso da risolvere per l’avvocato Guerrieri è quasi un pretesto per evocare riflessioni sul nostro tempo, sul tempo che passa, sul potere erosivo degli anni. Una lettura imperdibile.
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