Titolo: Baruch Spinoza. Il passo del clandestino
Autore: Mimma Leone
Editore: Graphofeel
Pagine: 192
Prezzo: eur 19.00
- Copertina: 5♥ su 5
- Storia: 5♥ su 5
- Stile: 5♥ su 5
Lo vedete quel banco da lavoro?
Lì, proprio sotto la finestra.
Lenti, asticelle, microscopi, attori principali di uno spettacolo quotidiano.
C’è un solo spettatore però. Ha la schiena curva, grosse rughe, sguardo stanco.
Baruch, animo insaziabile, uomo costretto a tacere la fede davanti ad una Chiesa senza tolleranza
Ha dovuto scegliere tra pensare o creare incomprensioni, pensare o alzare muri, pensare o generare contrasti.
Barich ha scelto la libertà…di pensiero
” La natura mi rapisce, padre…”
Siamo nel XVII secolo.
Le sue parole sono oltraggiose, scomode tanto da cacciarlo via come l’ultimo degli uomini.
“Baruch, il maledetto. L’espulso, il malvagio. Con il giudizio degli angeli e la sentenza dei santi”
Ma non è solo. A fronte di un padre che non lo comprende, trova un professore che lo stima.
Riflette, si sofferma, ragiona
Si pone inerme davanti al destino che decide a prescindere da noi.
In lui ogni cosa diventa sostanza.
Chiuso in cattività dall’amico, osserva il mondo dai vetri ma non per questo lo percepisce di meno.
Nella sua mente si fa strada la parola che diventerà il fulcro della sua filosofia e dei suoi ragionamenti.
Conatus inteso come sforzo di conservazione, impegno a preservare il proprio essere pur accettando tutti quei sentimenti che la vita ci pone davanti.
Spinoza crede nella libertà quella che fa accettare occasioni ed opinioni senza che ci si senta prigionieri.
Inizia a tenere lezione agli studenti, trasformando le sue parole in un flusso di pensieri liberi che generano rapidamente una vera e propria produzione di filosofia autentica.
Scambia lettere dove argomenta ed espone le sue idee.
Ma nel XVII secolo la tolleranza per le minoranze religiose è assente e non si accetta alcun tipo di discussione sui precetti della Chiesa.
Anche oggi non c’è forse chi non accetta il confronto, la differenza?
Nel corso della narrazione emerge un dettagliato e suggestivo quadro della comunità dell’epoca.
Il grande potere ecclesiastico in grado di schiacciare anche la più piccola deviazione, l’assenza di libertà di poter esprimere i propri pensieri, l’esilio, le torture e la prigionia, la flagellazione in pubblico, sono tutti aspetti di un unico contesto che Spinoza ha vissuto in pieno.
Le sue idee hanno comunque circolato ma sotterranee, costringendo il filosofo ad una vita di sacrifici e solitudine, di timore e rinunce. Nonostante ciò egli ha portato avanti le sue riflessioni, ha avuto il coraggio di contrastare chi non le approvava, ha stretto amicizie, si è innamorato, ha pianto i propri cari.
In questo romanzo c’è l’uomo e il pensatore fusi insieme in una creatura semplice, sensibile, intelligente.
Lo stile è fluido, la trama è equilibrata e mai nozionistica. I concetti filosofici sono semplificati e ben esposti.
È stato molto interessante riavvicinare questo filosofo che avevamo conosciuto ai tempi del liceo, apprezzandolo nuovamente e forse anche di più.
Una lettura di nicchia, apprezzabile da tutti ma in particolare dagli amanti della filosofia e di quei testi in cui le riflessioni primeggiano sulle azioni.
Noi l’abbiamo trovata godibile, interessante, e sorprendentemente molto attuale.