Psycho da Hitchcock a Robert Bloch

Titolo: Psycho

Autore: Robert Bloch

Editore: Bompiani

Pagine: 187

Prezzo: eur 11.4o su ibs

  • Copertina: 4♥ su 5 (la casa ci sarebbe stata meglio)
  • Storia: 5♥ su 5
  • Stile: 5♥ su 5

 

Il film lo ricordiamo nitidamente.

Quell’area desolata dove la scritta Motel traballa di una luminosità lattiginosa ed incerta.

Alle spalle quella casa imponente ma anche così logora, ingrigita dal tempo, ferma nell’epoca vittoriana ma senza nessuna voglia di cambiare. Sembra ti guardi, ti scruti accigliata, o forse c’è qualcuno dietro le tende della finestra all’ultimo piano che non dovrebbe esserci.

E poi lui, quello sguardo infantile un po’ folle, quel sorriso che sembra un ghigno.

Il genio e la maestria di Hitchcock hanno reso reali le pagine di Bloch, hanno dato tangibilità a quel disturbante senso di inquietudine che ti accompagna per tutto il film.

L’averlo visto svariate volte e l’averlo apprezzato sempre ha condizionato molto la lettura tanto da non capire se, senza quelle immagini, il carico emotivo sarebbe stato lo stesso.

Il libro è esattamente uguale al film, o viceversa.

Ci si sofferma un po’ di più su alcuni dettagli come il motivo per il quale la ragazza arriva al motel o il dannoso comportamento della madre ma le dinamiche sono le stesse.

Norman ha un aspetto diverso ma nonostante Bloch sottolinei la sua figura sovrappeso, con i capelli rossicci e gli occhiali, noi dall’inizio alla fine abbiamo avuto in testa Anthony Perkins.

Il romanzo è scorrevole, va via in un soffio. L’abbiamo letto in un giorno. Descrizioni perfette, è molto equilibrato e non appena pensi di capire (facendo finta di non conoscere il film) subito l’autore fa un passetto indietro.

Volutamente alcuni aspetti non vengono approfonditi fino in fondo e lasciano all’immaginazione la possibilità di caricarsi di inquietanti risposte, ma anche il film lo fa.

La sensazione è che, se non ci fosse stata la pellicola, il libro non avrebbe avuto l’enorme successo che ha avuto e continua ad avere. Hitchcock ha demonizzato il rapporto madre/figlio, ha aperto la finestra su un piccolo microcosmo malato che non vorremmo vedere. A Bloch si deve l’idea geniale, ma al regista tutto ciò che ne è derivato.

La lettura vale la pena farla. Si risale alla matrice e ciò è interessante ma non aggiunge altro all’immaginario.

Questa volta l’impressione è che abbia vinto la pellicola, ma forse è solo quel regista unico e inimitabile che non si fa superare neanche dalla carta stampata.

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