Lux – Eleonora Marangoni

Titolo: Lux

Autore: Eleonora Marangoni. è nata a Roma, si è laureata a Parigi in letteratura comparata e lavora come copywriter e consulente di comunicazione. Ha pubblicato un saggio Proust et la peinture italienne (Michel de Maule, 2011), il romanzo illustrato Une demoiselle (Michel de Maule, 2013) e Proust. I colori del tempo (Mondadori Electa, 2014). Nel 2017 ha vinto il Premio Neri Pozza con Lux.

Editore: Neri Pozza

  • Copertina: ♥♥♥♥/5
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5

 

Thomas vive a Londra, una sua metà è inglese da parte del padre e l’altra metà italiana, da parte della madre. Vive la sua vita quasi distrattamente, in modo così tranquillo da sembrare a tratti superficiale.

“Al tempo stesso, tutto lo interessava e tutto lo lasciava indifferente ;solo la bellezza di cose minuscole e di connessioni effimere pareva colpirlo nel profondo, perché in quegli attimi passeggeri sorgeva la parte più vera e durevole di sé stesso, quella che sapeva resistere alla noia e allo strano uso che le abitudini facevano del tempo.”

Ha una compagna, Ottie, che ha un figlio. Con lei divide tempo libero, weekend e poco di più.
La ama senza farsi troppe domande così come fa un po’ per ogni evento.
Serba dentro di sé il ricordo di un amore passato, Sophie, fantasiosa e romantica. Lo conserva gelosamente, lo alimenta, cercando lei nel quotidiano, negli oggetti, senza che ciò intralci il suo rapporto con Ottie.
Thomas svolge un lavoro originale anche un po’ ermetico, è un architetto della luce; la modella, la plasma, la orienta  in modo da trasmettere personalità e messaggi con essa. Ama la luce, amore ereditato dalla madre.
“….. Per tutti i pomeriggi in cui al ritorno si erano fermati ad osservare il riflesso aranciata sul muretto della vecchia chiesa;per il modo in cui, mentre si pettinava, Cecilia accendeva in bagno i faretti anche di giorno, la premura con cui disponeva le candele in casa…. “
Dopo la morte dei suoi genitori, Thomas, unico erede dello zio, eredita un hotel in una remota isola nel sud Italia, impreziosito dalla presenza di una sorgente di acqua minerale.
L’hotel Zelda.
Thomas deve necessariamente andare per ultimare l’atto di e disfarsi di questa strano lascito.
Propone il viaggio ad Ottie ed insieme al piccolo Martin, il figlio, partiranno verso il sud d’Italia.
Appena lasciato l’aeroporto, sembrano entrare in un’altra dimensione. L’organizzazione perfetta, fino al millesimo, termina prima della traversata in barca per raggiungere l’isola.
Thomas ed Ottie allo sbarco sono attesi da Bembo, un bambino quasi selvaggio che non parla ma sa guidare il pulmino per portarli fino all’hotel.
Qui ad accoglierli ci sarà la ruvidità grossolana e grezza di Gero, un guardiano tuttofare che si sente più padrone che gestore. L’impatto è scioccante; la bellezza dell’isola è accecante, così come la sua luce, il calore li soffoca e la vista dell’hotel li frastorna.
Lo Zelda è decadente, abbandonato, disordinato, pieno di oggetti di ogni genere, accumulati lì negli anni, ma di una bellezza struggente.
 “I muri si erano scrostati con una certa grazia, le persiane si chiudevano male ma erano un magnifico carta da zucchero, le scale sbeccate e, nonostante gli evidenti acciacchi e la bizzarra storia di approdi, abbandoni e addii che doveva aver conosciuto, lo Zelda emanava il fascino indiscutibile delle vecchie signore che un tempo sono state ragazze incantevoli. “
Molti saranno gli incontri in hotel con personaggi strani e pittoreschi. Agave, una prostituta ormai matura che non rinuncia alla sua sensualità, indurita dalla vita ma anche da essa resa sapiente; Gandini, intellettuale snob e deluso dalla vita e Olivia scostante biologa studiosa di improbabili creature microscopiche fino a Musante ricco imprenditore e futuro compratore.
Ma gli eventi, per il capriccio della natura, evolveranno in maniera insolita ed inaspettata. La realtà sarà rovesciata per dare origine ad un finale dolcissimo e per nulla scontato.
Il romanzo è meravigliosamente scritto.
I personaggi eccentrici e ben delineati si fanno amare per la loro peculiarità.
Tutto il racconto è avvolto di un’aura gentile, magica e lucente. A tratti sembra che il vero protagonista sia proprio la luce, impalpabile, eterea, quasi liquida che posandosi su personaggi, e luoghi li anima e li rende vivi.
“Guardò fuori dalla finestra; l’unica cosa che avrebbe voluto portarsi via da quel posto era la luce, quella immacolata del mattino, e quella arrogante del mezzogiorno, la fitta ombra del giardino e i riflessi salmastra della tappezzeria in salotto.”
Ma non solo la luce è presente nel romanzo come protagonista, anche gli oggetti. Gli oggetti come esseri viventi che racchiudono storie, ricordi, emozioni vissute, oggetti insignificanti per tutti ma per alcuni di vitale importanza.
Oggetti che non muoiono mai, pronti a cambiare uso e padrone diventando qualcos’altro per qualcun altro.
Oggetti che raccontano storie e poesie. Così una poltrona, un accendino, un servizio di piatti, un candelabro, un posacenere possono essere ancora scambiati, continuando a vivere, e con loro, le persone che non li possiedono più.
Scrittura a volte surreale, eccentrica ma equilibrata e poetica, cattura lentamente il lettore facendogli godere in pieno la storia.
Un appunto particolarmente positivo allo stile ed all’ottimo uso dell’italiano. Uno stile pulito, aggraziato, elegante e luminoso che esalta la bellezza della nostra lingua.
Consigliato a chi cerca una lettura dalla prosa curata, quasi carezzevole. A chi si sente romantico ma non ama le banalità. Adatto ai lettori più difficili perché in questo libro il contenuto originale e lo stile sono solo da apprezzare.
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