Titolo: Quella metà di noi
Autore: Paola Cereda. Psicologa ed appassionata di teatro. Inseguendo quest’ultima passione ha viaggiato per il mondo sino ad approdare a Torino ed impegnarsi in progetti artistici. Finalista per diversi premi letterari con i suoi scritti precedenti, oggi è una delle favorite al premio Strega 2019 con questo libro.
Editore: G.Perrone
- Copertina: ♥♥♥♥♥/5
- Storia: ♥♥♥♥♥/5
- Stile: ♥♥♥♥♥/5
Matilde è una sessantenne che vive in un appartamento decoroso a nordest di Torino, la Barriera. La zona non è delle miglior frequentate ma lei ci è nata e la conosce bene.
E’ una donna pulita, responsabile e soprattutto tenace. Per impiegare il tanto tempo libero che le ha regalato la pensione si prende cura dell’ingegner Giacomo Dutto, non più autosufficiente a causa di un ictus.
Matilde ha una figlia, Emanuela. La ragazza non è mai andata d’accordo con l’ambiente in cui è nata. A Barriera, le bande, la parlata, le vite circolari sono come un marchio a fuoco che, davanti alla corsa per la vita, ti fanno partire in penultima fila. Barriera è un impasto di lingue, spezie…
“Le periferie restano alveari di palazzi, con i giardinetti spogli di giostre e gli adolescenti seduti sulle panchine, ad ascoltare cantanti trap che raccontano di vite difficili trasformate dal denaro”
Emanuela appena ha potuto si è scrollata di dosso la sua provenienza di cui la madre incarna un ricordo fastidioso ed ha cercato con tutte le sue forze di elevare cultura, lessico e mentalità pur di prenderne le distanze.
Lo sguardo che posa su chi l’ha cresciuta, faticosamente dopo la morte del padre, è appannato dalla lente dei propri bisogni. Non c’è dialogo, non ci sono domande a scandagliare cosa vuole l’altra. Anche la più banale delle richieste viene avanzata con astio. Matilde sa che con la figlia non c’è dialogo e lei stessa si nasconde dietro verità non dette per non arrancare in litigi continui.
Matilde ha un orario di lavoro intenso. Ogni giorno prende il 18 ed ogni giorno si mette a disposizione di un uomo che ormai è sceso a patti con la sua dignità e, seppur con qualche sbuffo, sopporta le mani che lo lavano, lo vestono, lo puliscono.
…la fragilità è il destino degli uomini…ci vuole coraggio a mostrare le proprie piaghe, le deformità, gli odori e a chiedere di essere accolti, nonostante tutto”
L’ingegner Giacomo Dutto era stato un giovane intelligente e testardo. Si era sposato di fretta, affascinato da una ragazzina intraprendente, Laura. Ma non ne aveva mai approfondito la conoscenza. Così aveva dovuto abituarsi, senza recriminazioni, al continuo malumore e all’insoddisfazione della moglie verso tutti e tutto. Ci si abitua anche alle cose brutte.
Il matrimonio era andato avanti per inerzia fino a dieci mesi dopo la pensione, quando Giacomo si era accorto che non sempre la volontà determina la situazione. Aveva avuto un ictus.
L’unica persona con la quale non sente il peso della sua condizione è Matilde. Lei lo ha conosciuto già con il corpo offeso, non ha bisogno di giustificarsi o di cercare di essere quello che non è più.
Matilde, dal canto suo, affronta il suo lavoro col sorriso, lo stesso che ha usato per trentacinque anni come maestra. Non glielo ha spento nessuno, neanche le riforme scolastiche che hanno generato solo caos. Per trentacinque anni ha continuato per la sua strada usando l’orto scolastico come didattica universale di classi sempre più multietniche.
A casa Dutto c’è anche Dora, storica domestica rumena, che conosce vizi e segreti di famiglia tanto da sentirsi libera di sgridare la signora Laura per un vizietto che quest’ultima non riesce a controllare.
Le pressioni che riceve da Emanuela e gli avvenimenti irrimediabili in casa Dutto, costringono Matilde a riflettere sulla vita e sulle scelte fatte. Sa di non avere poi così tanto da nascondere ma sicuramente avrebbe molto da raccontare.
La donna si rende conto di come si passi un’esistenza a correre dietro al tempo che non basta mai mentre in vecchiaia, quando ce n’è a sufficienza, non si è più capaci di trasformarlo. Le parole sono il filo che ci tiene uniti, l’energia che ci rende vivi. Le parole sono quelle che possono imporre una fine ma anche dare il via ad un nuovo inizio.
Quella metà di noi che rimane in silenzio, sbiadita da altre voci che parlano per noi, è stranamente quella più importante.
“Siamo molto di più della somma delle nostre necessità e delle nostre aspirazioni, siamo una complessità che contiene al proprio interno l’eventualità di uno o più sbagli.
E’ solo pensandoci così fallibili che possiamo fare pace con le nostre scelte.
Siamo guardati attraverso la lente del bisogno altrui e se non diamo voce a chi siamo, saremo fraintesi, impoveriti.
Matilde alla fine ci parla con la figlia, ma nel suo discorso proprio la parte silenziosa è quella che cambierebbe le cose. Anche Laura ci parla con Giacomo, ma le sue parole arrivano quando il tempo non è più un’occasione.
Bellissimo libro. Una storia ironica, a tratti spassosa che ci ha strappato una risata sonora e poi ci ha sorpreso con stilettate emotive. Una prosa scorrevole, piacevolmente leggera per bilanciare riflessioni introspettive che ti segnano.
Dietro personaggi di tutti i giorni, esistenze comuni, problemi già sentiti, troviamo due protagonisti d’eccezione: il tempo e la parola.
Il primo che scorre veloce e nasconde la sua fugacità. Si fa afferrare per sfuggire di nuovo e farsi inseguire finché rallenta ma noi siamo ormai troppo stanchi nel lungo cammino della vita per trasformarlo come avremmo voluto.
E poi le parole, quelle non dette. Quelle che forse più ci rappresentano. Oppure quelle giuste che sostituiscono ad un “io” un “noi” e ti fanno sentire parte di qualcosa di vivo. O anche le parole vere, dirette, che sanciscono una scelta e sottintendono quindi una rinuncia ma raccontano la nostra storia.
Il romanzo spalanca una voragine di riflessioni.
La Cereda scrive con amore, si legge, si sente, si percepisce.
“amore come assenza temporanea di morte. Come interezza totale e momentanea…mischiata al desiderio di compiacere, al bisogno di non deludere, alla voglia di sentirsi al centro, sempre capaci…questo è amore…il bisogno costante di ridefinire i confini.
A distruggerci non sono i sentimenti, ma l’abuso che ne facciamo”
Consigliatissimo a tutti. Questo è uno di quei libri che non hanno limiti!