Il Ministero della suprema felicità
Arundhati Roy
Traduttore: Federica Oddera
Editore: Guanda
Chi sono gli “hijra”? La parola significa corpo che abita un’anima santa. L’hijra non è né un uomo, né una donna. E’ un cercatore di felicità.
Conosciamo nelle prima pagine del romanzo uno dei numerosi protagonista di queste storie in una storia: Anjiu.
E’ nato in un corpo maschile, ma tutto il resto in lui non lo è. Ma essere senza un genere non è facile in India anche agli inizi del secolo.
“tutto, non solo gli esseri viventi, ma tutto…aveva un genere. Ogni realtà era maschile o femminile, uomo o donna. Tutto tranne il suo bambino.Era possibile vivere al di fuori del linguaggio?”
Attraversiamo questo paese complicato lentamente, tra vecchi quartieri miseri e luminosi ricchi centri commerciali. Questo nazione è così, piena di contraddizioni.
Esistenze precarie, destini segnati, sogni impossibili come Tilo e Musa e il loro amore sottile ma potente.
Impossibile raccontare una trama così ricca di persone e luoghi, di colori e odori. E’ un romanzo labirintico in cui non sempre è facile muoversi.
Sono pagine caotiche, a volte confuse e disordinate come le strade di Delhi.
“il bisogno è un magazzino in cui si possono accumulare considerevoli scorte di crudeltà”
Abbiamo trovato di tutto in questo libro. Casa, famiglia, politica, guerra e libertà, amore e morte.
L’orrore delle rivolte in Kashmir, sulla pelle di gente innocente.
“Ma non sapete nulla delle profondità della doppieza kashmira… Non avete idea di quanto bene abbia imparato il nostro popolo, sopravvissuto ad una storia e una geografia come quelle che ci sono toccate in sorte, a seppellire il proprio orgoglio. La doppiezza è l’unica arma di cui disponiamo. Voi non immaginate neppur quali sorrisi radiosi sappiamo sfoggiare quando abbiamo il cuore a pezzi. Con quale ferocia possiamo accanirci contro le persone che amiamo mentre accogliamo affabilmente quelle che disprezziamo. Non avete idea della cordialità con cui riusciamo a darvi il benvenuto quando in realtà vorremmo solo cacciarvi via. “
E’ un romanzo definito fluviale, dove i personaggi ci regalano frammenti di loro, frantumati, dove la vita vale poco e la spiritualità smuove gli animi più della violenza, dove la povertà è inimmaginabile.
E’ un libro di denuncia contro le ingiustizie e gli abusi.
Ci è piaciuto, ci ha dato molto in sensazioni e riflessioni. Non è stata una lettura semplice. Bisogna prenderla col giusto tempo che merita, ma non possiamo che consigliarla.
Noi siamo state in India, ed un po’ di quello che abbiamo visto, sentito, annusato e vissuto laggiù è tornato vivo come non mai.