Haiku – Il fiore della poesia giapponese da Basho all’Ottocento

Lo haiku è la più piccola forma di poesia esistente, scandita in 3 versi.

Per la sua semplicità lo haiku era considerato una forma popolare in passato. Successivamente, grazie ad una serie di contributi (Basho, tra i più grandi maestri) gli venne dato un posto ben importante nell’arte, regalandogli meritatamente una propria identità.

Questa forma poetica è spoglia di retorica e lessico studiato, di titolo. La sua forza sta proprio nella suggestione che la natura (protagonista indiscussa) esprime nelle  varie stagioni.

L’autore, con una capacità di sintesi e minimalismo di cui i giapponesi sono padroni, descrive senza alcun coinvolgimento emotivo una rapida scena o immagine. Scatta una foto a parole che il lettore accoglie nella sua semplicità e che egli stesso arricchisce con le proprie suggestioni ed immagini.

Le diciassette sillabe che lo compongono, colgono un battito di vita dell’universo estrapolandolo dal tempo e dallo spazio.

Poche parole si aprono sull’infinito, lasciano spaziare la mente perchè non si parla di idee ma di cose. Lo haiku non descrive, non spiega ma solamente presente un’immagine.

La lingua giapponese ha un ordine nella frase praticamente inverso a quello italiano. La traduzione pertanto fa perdere quegli effetti fonici e melodiosi che si apprezzano solo in chiave nipponica. Una lingua così diversa dalla nostra. Senza generi, numeri o declinazioni che si desumono solamente dal contesto della frase.

E’ un testo prezioso questa raccolta. Da leggere ogni tanto, come piccole perle di emozioni. Assaporandone il senso di infinito che nascondono.

 

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