Dieci giorni in manicomio – Nellie Bly

Dieci giorni in manicomio

Autore: Nellie Bly

Editore: Edizioni clandestine

 

Nellie Bly è il nome d’arte della prima giornalista investigativa americana di fine Ottocento : Elizabeth Jane Cochran.

La ragazza, già da giovanissima mostrava abilità nello scrivere. Rispondendo ad un articolo apparso sul giornale locale, la giovane venne chiamata dalla redazione proprio per le sue doti da scrittrice ed ottenne un posto come giornalista. Nonostante fosse esortata a trattare argomenti futili come moda, spettacolo e giardinaggio, Elizabeth preferiva da sempre temi più complessi, come la difficile situazione delle donne lavoratrici. Le sue capacità la portarono ad una carriera veloce tanto da diventare corrispondente estera in Messico a soli 21 anni, continuando poi a lavorare sempre come giornalista, ma sotto copertura, a New York.

Proprio qui, le numerose voci diffamatorie circa le condizioni di degenza nei manicomi la portarono ad accettare un incarico sui generis. Elizabeth avrebbe dovuto fingersi pazza per essere rinchiusa in un istituto di igiene mentale e, dall’interno, raccogliere le informazioni necessarie a fare luce sulle voci accusatorie.

La giornalista non se lo fece ripetere due volte, accettò l’incarico con la promessa di essere tirata fuori dal manicomio dal redattore dopo una breve degenza.

In questo piccolo libricino, dalla scrittura scorrevole e fluida, Elizabeth narra e documenta la sua esperienza nell’isola di Blackwell, oggi Roosvelt, situata sull’East River di NY, che ha ospitato un grande istituto psichiatrico femminile.

Si trattava di una struttura molto grande, formata da vari padiglioni inseriti in uno scenario naturale di cui però nessuna delle degenti poteva trarne beneficio. In totale le ospiti ammontavano a 1600, divise in base alla gravità della malattia, con una squadra di infermieri per ciascun padiglione e 17 medici.

“oggi non posso che rabbrividire al pensiero di quanto coloro affetti da una qualche demenza siano totalmente dipendenti da coloro incaricati di sorvegliarli e di come né pianti, né suppliche possano garantire loro la scarcerazione, laddove i custodi si mostrino intenzionati a negargliela”

Il piccolo resoconto che ci ha lasciato la giornalista è a dir poco agghiacciante. Le persone venivano maltrattate e ridotte a ombre di se stesse, messe sedute su delle panche per tutto il giorno senza poter mai parlare. Il vitto era scadente, scarso. Non c’era una dieta differenziata per età o necessità.

La pulizia della struttura era effettuata a forza dalle stesse pazienti. L’igiene personale veniva fatta una volta alla settimana in un’unica vasca d’acqua per 45 pazienti e due soli asciugamani. I vestiti cambiati una volta al mese.

“…realizzai così… che non le infermiere, ma le pazienti stesse si occupavano delle pulizie. Tra i vari obblighi vi era non solo quello di riordinare e strusciare le stanze del personale, ma anche lavare i loro indumenti”

 

Le infermiere, il cui titolo era discutibile da un punto di vista professionale, malmenavano e deridevano continuamente le pazienti, minacciandole di torture indicibili in caso di denuncia.

I medici usavano strumenti psicologici piuttosto discutibili nel diagnosticare le malattie mentali tanto che la stessa Elizabeth, con poche mosse, venne rinchiusa e considerata pazza per dieci giorni nonostante non facesse nulla per esserlo.

Poche pagine dense di informazioni, chiarimenti, verità agghiaccianti. Il lavoro svolto dalla giornalista  è stato oneroso, impegnativo e l’ha sicuramente segnata nel profondo come più volte fa notare durante il racconto.

La sua testimonianza però ha fatto luce sugli orrori che venivano commessi ed ha coinvolto le autorità in una investigazione più peculiare. Grazie a lei, la commissione d’inchiesta sentenziò l’obbligo di stanziare la cifra (mai stata elargita in passato) di 1.000.000 dollari per la cura dei malati di mente.

Abbiamo scoperto l’esistenza di questo libro per caso. Ci ha incuriosito la figura di questa donna pioniera nel suo lavoro. Abbiamo letto di malasanità, un argomento che oggi non è più legato ai manicomi (che sono stati sostituiti da strutture psichiatriche moderne) ma che comunque rimane attualissimo. La scarsa empatia ed umanità che talvolta il personale paramedico e medico mostra verso i pazienti più deboli (gli anziani per esempio), la fatiscenza di tante strutture di salute pubbliche, l’abuso di potere o il disinteresse verso i bisogni del malato purtroppo sono temi scottanti, scomodi e ancora in vita.

Ci vorrebbe una Nellie Bly ogni tanto per smuovere l’attenzione della gente e del potere pubblico sulle verità nascoste.

Consigliato!

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