Cléo. Robes e manteaux di Guido da Verona

Titolo: Cléo. Robes et manteaux

Autore: Guido da Verona

Editore: Graphofeel

Pagine: 186

Prezzo: 14.00 eur

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5 Chic
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5 Splendida
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5 Arguto

 

 

Sapete cos’è un romanzo pochade?

E’ un genere letterario del XIX° secolo il cui nome deriva dai personaggi che ne caratterizzano la trama. Esseri burleschi, di un erotismo comico, alle prese con intrighi amorosi, colpi di scena, dialoghi sardonici.

Non fatevi ingannare da questa definizione però, o meglio, non pensate che questo scritto dell’illustre ma ahimè dimenticato Guido da Verona sia una storiella da quattro soldi e per  lettori di serie B (se esistono…).

Questa operetta invece è una genialità.

L’erotismo, che di solito noi rifuggiamo, non è che una cascata di metafore e doppi sensi ma espressi con un linguaggio talmente ilare e giocoso da non creare alcun fastidio né tanto meno scadere nel volgare.

Consalvo Malachia Gusmano Francesco Maria  è un uomo ancora giovane, ben vestito, dai modi eleganti e forzatamente cavallereschi.

Si muove nella società sicuro di sé, trasudando profonda autostima, citando a casaccio i classici per un uso e consumo assolutamente singolare.

La vita se la gode, soprattutto col gentil sesso. Ha avuto tante donne di cui si fa continuamente vanto. Le rispetta, ne parla con educazione ma le considera mere prede di conquiste senza futuro. Il numero  spropositato delle sue amanti ne è la prova.

” Dunque ho ne’ miei cassetti ed appese dietro l’anta dell’armadio, le cravatte della seduzione, le cravatte sport, quelle per discutere d’affari, quelle per commuovere un creditore, quelle infine per risolvere una situazione particolarmente intricata. Vi sono le cravatte dell’addio e quelle del ritorno, i drammatici nodi, le gale frivole, i disegni convincenti, le fantasie allettatrici, le righe ferme di carattere, le pallottoline un po’ scherzose: insomma l’anta dell’armadio è la biblioteca psicologica dell’uomo di mondo…”

 

E’ un maschilista convinto che si aspetta solo consensi, merito anche di un albero genealogico che decanta senza fonti certe.

Nella sua vita indolente si affaccia la giovane Cléo. Una donna raffinata e riservata che, per un gioco fanciullesco, si abbandona tra le sue braccia.

Proprio quando il lettore pensa di aver già in mano l’intreccio e l’epilogo…un colpo di scena coi fiocchi.

Le carte in tavola si rimescolano, il gioco cambia, i ruoli si invertono. Non avete idea di come lo spasso vi trascinerà pagina dopo pagina dentro una storia inaspettata.

L’abito non fa il monaco, è proprio il caso di dirlo.

Cléo si rivela una protagonista che non era immaginabile. Incarna, seppur in una Milano in bianco e nero, una donna senza tempo e attuale come non mai.

A lei, ai suoi pensieri ed alla sua tenacia che scoprirete pagina dopo pagina, va tutta la nostra stima.

Una figura femminile particolare ed eroica a modo suo, che si muove timidamente tra bische clandestine, atélier e sale da tè, nascondendo una natura che non si sottomette. Non possiamo dirvi di più!

“Voi non vi accorgete, miei cari signori uomini, che il mondo cammina, e che nella trasformazione generale dei valori e delle abitudini che ha portato con sé la avita moderna, anche la donna si evolve, non soltanto nell’abito esterno e negli usi a cui l’uomo la destina, ma si evolve proprio intimamente, nella sua natura stessa di donna…”

 

Geniale questa (troppo) breve lettura. Lo stile burlesco, le metafore ridondanti, il tono sardonico e i dialoghi di getto, ridotti all’osso nelle singole battute ma calzanti a pennello: è’ tutto equilibrato in questo romanzo in miniatura.

Uno scrittore con la vocazione da poeta che descrive in maniera arguta e frizzante la borghesia del suo tempo mettendone in luce non solo il sentimentalismo ma anche i grandi temi come la libertà di pensiero, l’emancipazione dai ruoli, l’influenza della cultura.

Ci chiediamo perché autori del genere siano sprofondati nel dimenticatoio. Spazio a loro e alle case editrici come la Graphofeel che ci regalano una parte della nostra letteratura.

La produzione di Guido da Verone vede parecchi titoli, un paio anche trasposti sullo schermo con successo (a suo tempo).

In vita venne criticato, definito “scrittore bottegaio” per i contenuti quasi scandalosi dei suoi testi che sembravano destinati ad un pubblico di cultura mediocre. Subì una sorte simile alla Carolina Invernizio da parte di letterati che forse non riuscivano ad afferrare la qualità del suo lavoro ma lui, dallo spirito autoironico e tagliente, andava avanti facendosi beffa anche di nomi importanti; il tutto però con una grande eleganza

Leggetelo perché:

” Non tutti i sentimenti dell’uomo sono da esaminarsi alla stregua dei modi esteriori con cui li estrinseca”

 

 

 

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