La montagna attraverso la penna di Paolo Cognetti: La felicità del lupo

Una cucina, fumi caldi, vapore, rumore di pentole.

Sotto al Monte Rosa la neve disegna un paesaggio lunare mentre Fausto si arrangia, tra una pentola incrostata e un piatto di salsicce.
Lui che lontano dalla montagna non ci sa stare, diventa insofferente e non gli basta più nulla di ciò che ha.
In sala c’è Silvia, infaticabile lavoratrice, silenziosa quel tanto da averne motivo.
Posa un piatto di pasta fumante ad uno dei tavoli occupati, il burro sfrigola ancora insieme alla pancetta. Santorso afferra la forchetta famelico, dopo ore sulle piste, a sparare acqua nebulizzata, sente solo la fame.
Intorno a loro Fontana Fredda, un paese che termina all’improvviso, precipitando per 500 metri di pendio boscoso.
Un posto dal panorama suggestivo, congelato d’inverno come i suoi abitanti in tutte le stagioni. Gente indifferente ai cambiamenti, anzi, forse proprio ostile.
“L’umanità era come il bosco… scendendo di quota diventava più varia”
Da Fontana Fredda si sale fino al bosco dei larici dove i boscaioli preparano la legna. Poi ancora più su fino a 3500 metri, c’è un rifugio che sembra una base artica.
Autore: Paolo Cognetti
Editore: Einaudi
Pagine: 152
Prezzo: eur 17.10
La tavola calda di Babette è un microcosmo di umanità. Realtà e sogni, stanchezza lavorativa e riposo vacanziero. Un alternarsi equilibrato di stati d’animo, mentre lassù la montagna osserva, impassibile, lo scorrere del tempo.
Il suo sguardo immutabile non si sposta mai
Non cede, non facilita la strada. Più ti avvicini, più sali in vetta più lei ti fa sentire confusa e svuotata.
All’odore di erba umida, di terra e fiori, di resina e funghi subentrano l’aria fredda, il silenzio irreale, un profumo di nulla. Sul ghiacciaio solo l’immensità della natura, la sua potenza indomita.
Cognetti tratteggia paesaggi mozzafiato, con la sua scrittura delicata, la leggerezza delle parole e la profondità dei contenuti.
Apre la finestra su larici ingialliti che si preparano al letargo invernale e lasciano spazio a chi riesce a montare la guardia in un clima così ostile e così le salite si tingono di splendidi abeti, verdi e forti.
Cognetti, oltre ad essere in completa simbiosi con la montagna, capace di parlarne come se ce l’avesse sottopelle, è anche un timido osservatore delle relazioni umane in un dialogo muto ma intenso con la natura.
È stato un libro avvolgente, che ha lasciato quasi una sensazione visiva. La percezione di vivere con più di un senso la lettura è sempre una magia.
Il legame con la montagna, l’amarla visceralmente, sentirla vibrare, è sicuramente la chiave giusta per immergersi nella storia.
L’uomo da una parte e la natura dall’altra in un’eterna conversazione che l’autore sa tradurre così bene in parole.
Ancora una volta i suoi libri vanno dritti al cuore, con la delicatezza e la limpidezza del suo stile.
Giro l’ultima pagina con una riflessione trovata nel libro.
Chissà chi siamo veramente…se più alberi, costretti a vivere laddove siamo stati seminati. Stanziali per obbligo, cerchiamo di arrangiarci afferrando la felicità se ci arriviamo. 
Oppure più lupi, irrequieti, sempre in giro anche quando potremmo fermarci, eterni sognatori che troviamo ciò che cerchiamo solo per passare ad un’altra ricerca ancora.
Chissà…
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