Viale dei Giganti di Marc Dugain

Titolo: Viale dei Giganti

Autore: Marc Dugain

Traduttore: Chiara Manfrinato

Editore: Isbn Edizioni – 2013

Prezzo: eur 22.50 (su Ibs scontato  del 50%)

Pagine: 316

 

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5 Essenziale
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5 Incredibile
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5 Vincente

 

 

” L’inferno non è mai lontano dal paradiso, ma le persone non vogliono saperlo, dormono come se una buona stella vegliasse su di loro”

Al Keller è un quindicenne alto fuori misura, con spesse lenti da miope ed un QI oltre la media.

Tutto ciò lo rende solo e diverso e, a quell’età, la diversità non è una cosa buona, trasuda emarginazione.

” Con chi puoi parlare della noia che ti assale da mattina a sera, che corrode meticolosamente la tua volontà al punto da uccidere qualsiasi azione sul nascere?”

Mal sopportato dalla madre e cacciato dal padre perché metteva in ansia la sua seconda moglie, Al viene mandato a vivere dai nonni per i quali non prova alcun affetto.

Con il vuoto in testa, senza sogni né obiettivi, senza amici, tormentato da una rabbia che lo fa stare male ma che non riesce a reprimere, senza alcuna premeditazione, compie un gesto estremo e terrificante che gli costa la libertà.

Chiuso dentro un ospedale psichiatrico, il giovane viene sottoposto a dialoghi e perizie, mostrandosi collaborativo e partecipe, gentile e lucido, mai pentito.

Cos’è che fa scattare il desiderio di uccidere qualcuno? Percorsi mentali, di cui non sempre si è coscienti. Motivi malsani, nascosti nel nostro subconscio, frutto di qualcosa che non ha funzionato a dovere. Il protagonista di questo libro ha avuto un’infanzia tormentata, che scoprirete leggendo il libro. La madre, figura chiave di tutta la storia, pare averla avuta a sua volta e sembra riversare sul figlio il rancore che le è cresciuto dentro.

“Continuava a farmi paura,come al solito. L’aridità affettiva del suo sguardo mi faceva sentire come un povero schizzo di plasma che si trascinava al suo seguito”

Il percorso emotivo che permette al bambino di dare un posto ai sentimenti, amore, pietà, dispiacere, paura, rispetto, in Al Kenner non c’è stato. Dentro di lui c’è un vuoto affettivo da cui è scaturita una indistruttibile mancanza di empatia per i suoi simili, indifferenza e distacco da tutti.

Durante gli anni in psichiatria, Al, la cui intelligenza è vivida ed affamata di sapere,  osserva e studia, riflette e memorizza. Quando esce fuori potrebbe reinventarsi, diventare una persona nuova e ricominciare daccapo.

Ma quel viale dei Giganti, quel momento esatto in cui un errore stupido ha cambiato le carte del destino, Al rinuncia, non sapendolo ancora, ad un futuro più umano. Rinuncia a stare lontano dalla madre, rinuncia a provare amore per il prossimo, rinuncia a far parte di una comunità.

La sua mente è incontrollabile, vasta ed instabile. I suoi tormenti non lo lasciano in pace. Non si capacita del silenzio del padre, non comprende il disamore della madre con la quale si ostina a cercare un dialogo che non troverà mai. Allaccia uno pseudo-rapporto con un uomo a cui si presenta sotto una luce che non è la sua, nascondendogli quei lati oscuri e quel passato così pesante che ha con sé.

Poi scatta l’istinto di sopravvivenza, lui stesso dirà che ha compiuto determinati gesti per non impazzire. Una “via di salvezza” che non ha risparmiato chi si è trovato sulla sua strada, su quel lungo viale dei Giganti in cui il futuro di Al si è di nuovo fatto scuro.

Dopo uno studio degli incartamenti, delle interviste e delle informazioni rilasciate dai media, lo scrittore Dugain ricostruisce sul personaggio immaginario di Al Kenner, il percorso mentale del serial killer di Santa Cruz Ed Kemper detto Big Ed per i suoi 280 cm di altezza.

Kemper è stato condannato a diversi ergastoli ed è ancora in vita, scontando la sua pena. E’ effettivamente dotato di un QI di 145 e questo gli ha permesso di riuscire a “vendersi” come persona normale per moltissimo tempo come si legge nella storia.

Il libro è molto fedele alla verità, prendendosi poche licenze poetiche. Dugain affida la narrazione alla prima persona e fa parlare direttamente Kenner. Questa scelta è stata sicuramente vincente nel tentativo di regalare al lettore una sorta di confessione in diretta.

Capirete, cari lettori, quanto sia stata agghiacciante e disturbante questa chiacchierata. Il linguaggio è freddo, asettico, privo di qualsiasi sfumatura emozionale perché proprio così la mente del vero Kemper ha funzionato. Nella sua logica perversa c’è stato un motivo per tutto, una ragione per ogni gesto.

Più che le morti causate, ti colpisce la modalità con cui sono state effettuate (cannibalismo, necrofilia, decapitazione) e l’assoluta mancanza di rammarico. Keller, nelle ultime pagine, parla di sé e racconta ciò che ha fatto con una razionalità disarmante che solo una mente disturbata può ospitare.

Carnefice si. Vittima? Se non avesse subìto quello che è accaduto nella sua infanzia e successivamente nell’adolescenza, cosa sarebbe diventato? Spesso difronte a casi limite ci si domanda quanto le circostanze siano colpevoli più delle azioni della persona stessa. Anche qui il dubbio si insinua. La narrazione è così crudele e asciutta da far prevalere la parte cattiva di Al ma vi assicuriamo che in alcuni passaggi, soprattutto quelli che girano intorno alla figura materna che ha mancato assolutamente nel suo ruolo, uno sprazzo di tenerezza per il bambino rifiutato, escluso da qualsiasi forma d’amore, disilluso e non rispettato, esce fuori prepotentemente.

Un libro tosto come una doccia gelata, impegnativo a livello emotivo, forte e deciso negli argomenti, cattivo sino alla parte più bestiale del nostro essere. Chi abbiamo accanto? Quanti Al si nascondono dietro la facciata delle persone che conosciamo?

Il testo si dice non sarà più stampato. Il nostro consiglio è di dargli una possibilità perché scuotersi dal torpore con una lettura destabilizzante fa bene ogni tanto. Una riflessione più cruda sveglia gli animi.

Una bella lettura, assolutamente fluida e coinvolgente. Non vi abbiamo svelato molto della trama e vi consigliamo di approfondire la vera vita di Kemper (non così tanto diversa da quella di Al) dopo aver finito il libro. Lo sviluppo della narrazione non è così banale come si possa pensare, proprio perché a raccontarlo è chi svolge le azioni, il percorso non è lineare né scontato ma anzi segue un filo logico che scoprirete solo alle ultime pagine.

Non dimentichiamo la bellissima fotografia che ci rimanda il libro dell’America anni ’60.Il liberismo sessuale, la commercializzazione della droga, le manifestazioni, le comunità promiscue della gioventù del tempo, un modo di fare anticonformista, fuori dagli schemi, un’umanità che contesta ma che non propone un modello credibile in sostituzione di quello vigente. Tra hippy vestiti di cenci, capelli lunghi e chitarra a tracolla si muove Al Kenner, gigantesco, solo, senza controllo.

Buona lettura, se vi va su Instagram vi aspettiamo per commentarla insieme

Precedente Alla luce del mattino di Ann Moore Successivo Un caffè con Robespierre di Adriana Assini