Strane creature di Tracy Chevalier

Titolo: Strane creature

Autore: Tracy Chevalier

Traduzione: Massimo Ortelio

Editore: Neri Pozza – 2017

Pagine: 282

Costo: euro 14.02

 

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5 Perfetta
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5 Avvincente
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5 Pulito

 

 

” E’ il 1811 a Lyme, un piccolo villaggio sulla costa meridionale inglese. Le stagioni si susseguono senza scosse in un paese e il decoro britannico si sposa perfettamente con la tranquilla vita di una provincia all’inizio del XIX°. 

Un giorno, però, sbarcano nel villaggio le sorelle Philpot e la quiete è subito un pallido ricordo. Vengono da Londra, sono eleganti, vestite alla moda, sono bizzarre creature per gli abitanti di quella costa spazzata dal vento.

…Ma è soprattutto Elizabeth, la più grande delle Philpot, a costituire un’eccentrica figura in quel paesino sperduto sulla costa. Ha 25 anni. Dovrebbe comportarsi come una sfortunata zitella per l’età che ha, ma se ne va in giro come una persona orgogliosamente libera e istruita che non si cura affatto di civettare con gli uomini.

In paese ha stretto amicizia con Mary Anning, la figlia dell’ebanista. Quand’era poco più che poppante, Mary è stata colpita da un fulmine. La donna che la teneva fra le braccia e le due ragazze accanto a lei morirono, ma lei la scampò. Prima dell’incidente era una bimba quieta e malaticcia. Ora è una ragazzina vivace e sveglia che passa il suo tempo sulla spiaggia di Lyme, dove dice di aver scoperto strane creature dalle ossa gigantesche, coccodrilli enormi vissuti migliaia di anni fa”

 

Agli inizi del XIX° secolo si pensava che la terra avesse non più di seimila anni. Un grande filosofo greco, Aristotele, aveva parlato della grande catena dell’essere secondo cui ogni vivente occupava un gradino nella scala universale della Creazione sino ad arrivare all’uomo che rappresentava la perfezione.

Seconda questa teoria, abbracciata da molti,non era ammissibile considerare l’esistenza di creature estinte poiché sarebbe stato come dire che Dio aveva sbagliato una sua opera oppure che non se n’era curato affatto.

In questo scenario rigido e che fatica ad ammettere repliche, i cercatori di fossili non erano ben visti perché incarnavano con i loro ritrovamenti il dubbio. Dall’altra parte però, ancora prima del periodo in cui è ambientata questa storia, si era diffusa la figura del collezionista. A partire dalle Wunderkammer del 1600, piccoli gabinetti scientifici e domestici dove si conservavano gli oggetti più strani, nel XIX° secolo la pratica aveva assunto dimensioni ancor più grandi. I piccoli musei privati erano diventati grandi e pubblici ed i ritrovamenti dei cercatori erano ambiti, ben pagati e indispensabili.

Mary Anning è realmente esistita. Ha vissuto in un periodo in cui le scienze naturali avrebbero fatto passi da gigante gettando le basi per l’origine della specie che tutt’oggi è un punto di riferimento per studiosi e professionisti.

La ragazza era però una donna e questo probabilmente è stato un problema ancor più grande dall’aver scoperto su una spiaggia poco frequentata i resti di un ittiosauro, allora sconosciuto. All’epoca in cui la cercatrice si sporcava le mani di argilla, se le rovinava tra le rocce e si imbiancava le vesti per ripulire i ritrovamenti dal calcare, la donna in generale era esclusa da molti ambienti, le erano vietati determinati studi ed argomenti, non poteva girare da sola, non poteva pensare di esercitare una professione tanto meno una bizzarra come quella della Anning.

Al suo fianco la Chevalier mette un altro personaggio, sempre femminile, ma più prudente, probabilmente perché di un ambiente più elevato e quindi più capace di afferrare le regole dell’etichetta. Elizabeth Philpot sarà per Mary un’amica saggia, capace di ponderare i suoi entusiasmi, di guidare la sua straordinaria abilità nel trovare i fossili. Le due sono unite dalla passione e questo sarà un legame che, nel corso della vita, pur subendo tanti strattoni, rimarrà sempre saldo al suo posto.

Mi pareva di sbirciare in un tempo remoto, un passato favoloso dove si aggiravano strane creature”

La scrittura di questo libro, tra realtà e fantasia, è scorrevole, piacevole e soprattutto velata di quel mistero sobrio ed intelligente che mette una gran curiosità. La Chevalier è molto brava nel creare lo scenario come parte attiva dell’intreccio, gli conferisce una sorta di respiro che non prescinde dai personaggi. L’ambiente della spiaggia, luogo deserto e ostile, con le rocce a picco sull’acqua così solida ma anche così fragile da sgretolarsi inaspettatamente; il mare come minaccia costante ma anche elargitore di tesori nascosti.

La figura di Mary Anning, così ingenua e smaliziata, priva di cattiveria e di premeditazione diventa vittima del suo tempo e sposa la sua passione di cercatrice di fossili sapendo essere inconciliabile con qualsiasi altri ruolo cui una donna possa aspirare.

“Ero diventata un pesce fuor d’acqua a Lyme. Non sarei mai stata rispettabile come le Philpot. Nessuno mi avrebbe mai chiamata – signorina Mary – . Io ero Mary e basta. Però non ero più come i miei vicini. Non appartenevo a niente e a nessuno. Questo mi faceva sentire libera, ma anche sola come un cane”

Elizabeth, in apparenza così austera e seriosa, in realtà si scopre avere un grande senso di protezione e di sensibilità, oltre ad essere un animo altruista e coraggioso.

Una bellissima storia adatta a tutti i gusti. Non è un genere romantico, non troverete nulla di scontato e questo aspetto secondo noi regala merito al libro. Assieme a “L’ultima fuggitiva” ed al celebre “La ragazza dall’orecchino di perla” questa scrittrice è da seguire e tenere d’occhio. Abbiamo sugli scaffali il suo ultimo scritto: “La ricamatrice” ancora da leggere ma di cui vi parleremo presto.

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