Poesia e parodia dalla Ville Lumière di Stefano Serri

Titolo: Poesia e parodia dalla Ville Lumière

Autore: Stefano Serri

Editore: Robin

Pagine: 180

Prezzo: eur 13.00

  • Copertina: 4♥ su 5 perché il retro è splendido. Sul fronte meriterebbe 3♥
  • Storia: 5♥ su 5
  • Stile: 5♥ su 5

 

“È con il giornale che vola in fogli innumerevoli che la civilizzazione si diffonde. Ve ne andrete per il mondo, cercando il miele, amando i fiori, ma armati”

Con queste parole di Victor Hugo potete immaginare nell’Ottocento il potere delle riviste letterarie.
La Francia, libera dal giogo prussiano, pullula di artisti. Il pittore domina, lo scrittore lo segue, l’arte ha tutto ciò di cui si ha bisogno diceva Raynaud.
Opuscoli, giornali, brevi antologie girano di mano in mano, si leggono, si discutono.
Ci si accanisce contro i “poeti morti giovani” cercando di allontanare i versi da tutti coloro che si sono addormentati poeti ma risvegliati borghesi. Si rifugge la decadenza artistica, la morte degli ideali.
Cultori della letteratura, come il gruppo dei parnassiani, cercano slanci emotivi in quell’esercito di anime liriche che forse sono ancora chiuse nei solai o in una prigione. Tra questi cesellatori di versi e storie si nota la figura di Coppée.
Considerato un vate della Parigi dei vicoli e dei caffè letterari, è un nostalgico doc ma anche fortemente ironico.
Scrive versi, li raccoglie e vi mescola, con apparente disinvoltura, classico e moderno, profano e mitologico.
Per motivi che il testo spiega in maniera minuziosa, il poeta ahimé è stato anche oggetto di parodie.
Preso di mira da nomi anche noti del panorama letterario come Verlaine e Rimbeaud, i suoi versi vengono sbeffeggiati, estenuati e trasformati in metafore strampalate.
In questo saggio narrativo però troviamo invece il Coppée puro con due grandi opere di cui vengono riportati versi in italiano e  in lingua originale.
Ne emerge una rappresentazione idilliaca  dell’intimità famigliare, istantanee di vita rubata ai marciapiedi e ai piccoli appartamenti.
Nella seconda parte invece versi scritti a 18 mani ” Dixains realistes“, espressione di una coralità senza eguali.
Laddove un occhio più tecnico ne potrebbe ravvisare incongruità nei toni o nei temi, l’amatore ne vede solo una ricca visione grandangolare di Parigi ed i suoi abitanti.
Motore di questo progetto Charles Cros, esempio lampante di letteratura disinteressata.
Questo libro nella sua interezza ci regala un ritratto di Parigi incredibile. I versi si trasformano in una mappa da percorrere attraverso i luoghi che le poesie disegnano, scorci vivissimi di una città da sfogliare.
La melodia di una lingua armoniosa come il francese, le sfumature che si colgono leggendo il testo dall’originale aprono davanti agli occhi un venditore ambulante, un tramonto e ancora una vetrina colorata, un vicolo in salita.
Questa è Parigi, cantata e declamata, strillata e coccolata, città degli ambulanti, delle dame eleganti, dei boulevard e degli artisti
L’aspetto che colpisce subito, aldilà della conoscenza dell’argomento, è l’evocazione, merito del grande talento di Serri nell’avvolgere il lettore in un’atmosfera suggestiva e retrò che scatena un fascino indicibile.
Dalle prime pagine davanti agli occhi si staglia uno scorcio in bianco e nero dei piccoli vicoli di Parigi, un fioraio, una boulangerie da cui esce fuori l’odore delle baguette appena sfornate e più avanti un piccolo caffè con i tavoli di legno scuro. Un odore forte appena si entra, quasi pungente.
Si sente un gran vociare, qualcuno ride, qualcun altro declama versi. Sembra che si stia litigando ma non è così. Sono solo gli artisti nel loro perenne e  quotidiano scambio di cultura.
Rispetto all’opera precedente sempre di Stefano Serri intitolata gli idropatici, che trovate qui sul blog, in questo volume a parlare più che Il curatore è la stessa poesia.
In buona parte del romanzo sono proprio i versi a prendere il lettore per mano portandolo in quella Parigi scomparsa di cui gli artisti a cui Serri ha dato voce, ne rubano attimi di quotidiano.
Oltre a Coppèe che ci aveva piacevolmente colpito ne “Gli Idropatici”, sono molto evocativi  i versi di Nina de Villard, poetessa e spirito vivace nei salotti letterari più fertili dell’epoca.
“Si accendono i lampioni; nel blu notturno
s’infiammano le stelle; al primo turno
nelle casse dei teatri alla moda,
trasgressioni per studenti, c’è la cosa.
Nei chioschi si installano i venditori
di arance, frittelle e giornali; fuori
ai tavoli del caffè già si siede,
col viso tra i ricci non si vede,
buttando la lenza, pescando l’amore,
la passeggiatrice, perfido fiore”
Le ultime pagine sono dedicate ai poeti, a ciò che ha caratterizzato la loro vita e di riflesso la loro poesia, a come tra di loro si sono conosciuti, influenzati, criticati anche.
Lo stile di Serri è avvolgente tanto che anche quando non si sente affinità con il personaggio che si sta approfondendo, comunque si è spinti a procedere, a leggere affamati le sue parole.
Un’opera che trasuda un’enorme competenza sull’argomento da parte dell’autore oltre ad una mirabile capacità di prosa.
Sicuramente un libro di nicchia rivolto a gusti ben precisi. Non è necessario sapere la lingua ma fa la differenza.
Il grande interesse per la letteratura francese, di cui avevamo già alcune nozioni, unito al fascino della Ville Lumière, ha reso il libro un perfetto “strumento” per viaggiare indietro nel tempo.
Grazie Stefano Serri di averci portate lontano.
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