Odore di chiuso di Marco Malvaldi

Titolo: Odore di chiuso

Autore: Marco Malvaldi. Questo testo, cui segue Il borghese Pellegrino, ha vinto il Premio Castiglioncello e Isola d’Elba-Raffaello Brignetti

Editore: Sellerio – 2011

Pagine: 208

Prezzo Eur 13.00 brossura

 

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5

 

Siamo alla fine del 1800 in una tenuta sfarzosa ed elegante chiamata Roccapendente.

Qui abita una famiglia benestante, che si pregia di ricchezze e raffinatezza ma che, a vedere bene, nasconde sotto vestiti di grandi firme e portamenti tronfi, una semplicità che rasenta la commedia.

La più vecchia è nonna  Speranza, l’unica con un minimo di cervello, che mangia come un camionista ed occupa lo spazio di tre persone.

Il più misero è il figlio minore Lapo, che ha:
“l’intelligenza di una fruttiera”.
Alla villa sono attesi due ospiti, cocente delusione del figlio maggiore del barone che credeva di incontrare il Carducci.
Con i suoi favoris en cotolletteun (tipo di baffi molto in voga tra i gentiluomini di ‘800) fa il suo ingresso
Pellegrino Artusi, portando con sé la passione per la cucina e per la scrittura in un ordine che ancora è da decidere e che si accinge a comporre quello che lui chiama
“trattatello sull’arte del mangiare bene”
Insieme a lui c’è il signor Ciceri, invitato per ritrarre una fotografia del barone e di tutta la sua famiglia.
La cena si svolge con tutta l’affettazione richiesta dal galateo dell’epoca, lasciando in Artusi il cuore, anzi il palato, in estasi per la gustosità del piatto forte della cuoca: Il polpettone all’uso zingaro di cui subito sente premere il desiderio di conoscerne gli ingredienti e le dosi.
Il giorno seguente, le abitudini della famiglia Bonaiuti subiscono un violento cambiamento.
In un posto improbabile viene trovato il cadavere del maggiordomo Teodoro.
Scompiglio, stupore, accuse gridate e campate in aria dal suono tragicomico.
E’ necessario chiamare qualcuno a far luce. Così dalla Pubblica Sicurezza viene mandato a Roccapendente un delegato il cui nome è già tutto un programma: Artistico
La narrazione cambia registro e ci troviamo tra le pagine di un diario, quello di Artusi, che sarà la chiave di tutto l’intreccio poiché il suo acume e la sua sensibilità culinaria gli permetteranno di avere un ruolo fondamentale nello svolgersi delle indagini, pur essendo egli stesso un sospettato.
Da tale diario afferriamo notizie sulla sua gioventù, sulla guerra che gli è rimasta attaccata alla pelle e di cui sente ancora l’eco della fame che ha sofferto. Per lui il cibo è diventato un porto sicuro e quando sa di avere i tre pasti principali assicurati non c’è nulla che possa rovinargli la giornata, nemmeno un morto.
Scopriamo il perché sia tanto appassionato di cucina da non limitarsi alla preparazione del piatto, né solo all’assaggio bensì anche alla scrittura della ricetta.
“Un libro di cucina dovrebbe esser comprensibile a tutti, perché tutti noi mangiamo e abbiamo diritto di mangiar roba buona e cucinata bene; dovrebbe esser scritto in italiano, perché siamo italiani, e non in quel gergo francioso che viene inteso solo nelle regioni nordiche; e dovrebbe dare delle dosi, vivaddio, in grammi e in litri, che sono uguali per tutti, e non in once, mestolate o pizzichini o ombrette…”
Mentre vengono svolti gli interrogatori Artusi fa amicizia con Cecilia, la figlia del barone. Non è una ragazza qualunque,.
Lontana dalle insulsaggine e dalla superficialità che l’epoca richiede alla figura femminile, Cecilia è infatti una lettrice accanita, ha tanti sogni nel cassetto, uno tra tutti quello di diventare medico.
Ma alla fine chi ha ucciso il cameriere e chi poi ha tentato di sparare a un altro membro della famiglia? Qual è il movente ?
Il delegato, continua a fare domande a destra e a manca mentre sul palcoscenico passano personaggi in caricatura, spassosi e ridicolizzati nel loro punto di forza. Le due zie zitelle, la badante paurosa, la cameriera prosperosa, la baronessa vanesia e il figlio finto poeta.
Grazie all’acume di un investigatore inglese di Baker Street a molti noto, Artusi riuscirà, con massime  da quattro soldi, ad instradare la giustizia verso il criminale.
Ma la storia non volgerà al termine finché il maestro culinario non avrà scoperto gli ingredienti del magnifico polpettone di casa Bonaiuti.
Malvaldi, con un tono fintamente serio e forbito, ci presenta una famiglia di baroni che è la caricatura di sé stessa e che sin da subito fa sorridere il lettore.
La storia va avanti, con un tono comico, irriverente, ma vestito di eleganza.
Alle spalle di così buffi personaggi si ravvisa l’ombra di uno scenario italiano che ci appartiene.
È l’Italia di Crispi, innovativa dal punto di vista legislativo.
Un paese unito che tenta di barcamenarsi tra autonomie regionali e sconfiggere l’idea che esistano ancora feudi e granducati nobiliari per mezzo del codice Zanardelli, ispirato ai principi di umanitarismo e uguaglianza.
Il paese sente però ancora profondamente la differenza tra nord e sud,
“siamo diversi, noi al loro punto come acqua e olio. Non potevo mescolarci nemmeno volendo.”
Libro perfetto, in grado di unire una narrativa seria, come il genere giallo, con quel pizzico di comicità che rende godibile la storia fino alla fine. Prosa accurata, irriverente e spassosa, intreccio bizzarro e scorrevole.
Un romanzo leggero come un panino al latte.
Gustoso come una fetta di crostata.
Sorprendente come il cuore caldo di fondente nel muffin.
Frizzante come il primo sorso di champagne.
Artusi è una figura che mi apre ad un mare di ricordi. Mia nonna aveva il suo libro sempre aperto in cucina, bibbia culinaria, fonte di ispirazione, vademecum salvafamiglia. Ogni volta lo consultava, ogni volta lo lodava. Ai tempi era uno dei testi più usati e conosciuti per cucinare, oggi ormai perso tra le incontabili pubblicazioni più o meno scadenti e ripetitive.
Vedere quel pacioso baffone come protagonista di un giallo ma sempre con la forchetta pronta ed il cuore volto al prossimo pasto è stato emozionante. Non penso si sia sentito offeso dal prestare la sua precisione e la sua sensibilità a tutto tondo alla giustizia.
Se non fosse stato per la famiglia Buonaiuti, mai il suo palato avrebbe assaggiato quel polpettone all’uso zingaro che va cercando lungo tutto lo svolgimento della storia. Noi, mentre il prossimo lettore cerca di trovare tracce della ricetta, lo abbiamo cucinato ♥
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