Mansfield Park – Jane Austen

Titolo: Mansfield Park

Autore: Jane Austen. Il romanzo è stato iniziato a scrivere nel 1811 ma completato molto più tardi, a metà del 1814. La sua pubblicazione non riscosse il favore della critica per il suo carattere fortemente didascalico e moraleggiante e la Austen ne fu particolarmente amareggiata.

Editore: Newton Compton

 

  • Copertina: ♥♥/5 Non riusciamo ad apprezzare colori sgargianti e disegni fumettistici
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5 Perfetta come ci si aspetta dalla Austen
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5 Unico

 

 

Mansfield Park è una tenuta di campagna dove vive la famiglia Bertram.

Lady Bertram ha due sorelle di cui la più piccola con tanti figli e pochi mezzi per crescerli.

A Seguito di una serie di valutazioni che hanno a che fare con il buon nome e la beneficenza, assieme a Mrs Norris, l’altra sorella nonché figura onnipresente nel romanzo, si decide che la più grande delle nipoti venga a vivere con gli zii, sgravando così la famiglia d’origine.

Fa così l’ingresso nella casa padronale la piccola Fanny Price, con già sulle spalle il debito del suo mantenimento da riscattare.

L’accoglienza che riceve la bambina, e che sembra non modificarsi mai nella storia, non è delle migliori. Le cugine la snobbano perché provinciale e timorosa; la zia Norris è piena di pregiudizi e non riesce a farsi piacere la nipotina. I due coniugi Bertram, oltre a sborsare i soldi per un mantenimento minimo sindacale, non si interessano di lei, della sua educazione o della sua partecipazione alla vita di famiglia.

Al contrario sembra che Fanny sia sempre un espediente, una seconda scelta. Viene lasciata spesso sola, ignorata senza cattiveria ma semplicemente per disinteresse.

L’unico che la degna di qualche attenzione e che ne diventa la guida morale è il cugino Edmund, cui lei si affeziona moltissimo.

Ma com’è Fanny? Ad un aspetto comune e poco appariscente, si aggiunge un carattere condiscendente, pacifico, cauto nei giudizi, rispettoso.

I fratelli Bertram, Henry e Mary Crawford amici e vicini di casa, ed una Fanny sempre ombra di sé stessa, cercano di passare il tempo delle lunghe giornate campagnole che sembrano interminabili e noiose. Gite a cavallo, letture ed infine una recita teatrale.

Quest’ultimo passatempo mette alla luce i sentimenti che nella realtà l’etichetta impone di tacere. Vestiti con panni d’attori, i giovani, fingendo di recitare, esprimono le loro vere emozioni, innescando delle dinamiche che poi comunque dovranno gestire.

La figura di Fanny, sempre considerata di poco conto per abitudine, si rivela gradualmente indispensabile. La sua discrezione nell’ascoltare le confessioni di parenti e amici, la sua moralità nei dissapori, la elevano a creatura super partes.

“…era ben lungi dal trovarsi senza occupazione o utilità tra gli altri, o sola nelle sue preoccupazioni; tutti avevano bisogno del suo tempo e della sua simpatia.

Era utile a tutti secondo i bisogni del momento; e forse nessuno era più sereno di lei”

 

Il suo volto non tradisce i turbamenti che animano il suo cuore e la ragazza è più veloce del rossore che le assale le guance fuggendo nella confortevole solitudine della sua stanza di levante dove difficilmente si reca qualcuno.

L’allontanamento delle cugine, sempre pronte a rubare la scena, regala più spazio ad un’acerba donna che, con l’osservazione, ha fatto sue buone maniere e decoro. Fanny comincia a destare interessi, alcuni meno graditi di altri, e lo zio Thomas non disapproverebbe di certo vederla prendere il volo per un focolare tutto suo.

Proprio difronte una richiesta di matrimonio inaspettata, la mite Fanny si rifiuta. Con garbo, timidezza e difficoltà prende una posizione non solo ferma e decisa ma anche contraria alle aspettative della sua famiglia e per questo riprovevole.

 

“.che ogni donna dovesse ammettere la possibilità che un uomo, per quanto in genere  susciti grandi consensi, possa non venire accettato, o almeno non venire amato da un’altra donna. Ammettiamo pure che  quest’uomo abbia tutte le perfezioni del mondo, io credo che comunque non dovrebbe  mai darsi per scontato che egli debba risultare accettabile ad ogni donna di cui si invaghisca”

Un comportamento in ogni caso irreprensibile darà i suoi frutti, mostrando il prezzo dell’affetto e del riconoscimento per una donna dell’epoca.

Passiamo alle nostre opinioni. La vivacità, che abbiamo ritrovato in altri scritti della Austen, qui è completamente assente. Il romanzo è un racconto in terza persona della vita di una famiglia, scandita attraverso i momenti di crescita di Fanny ovvero l’educazione, la vita domestica, il corteggiamento ed il matrimonio.

Un resoconto all’insegna delle regole, della morale, del galateo e delle norme di comportamento che all’epoca facevano la reputazione e la rispettabilità della donna.

Le figure femminili presenti sono alla fine insoddisfatte o infelici. Lady Bertram è sempre annoiata e passiva, le figlie Maria e Julia schiacciate dall’autorità del padre, Mrs Norris è ansiosa e ipercritica, Mary Crawford superficiale e alla ricerca di un futuro che non sembra mai alla sua altezza.

E poi c’è Fanny che non suscita così tanta simpatia. Dovrebbe essere l’eroina della storia ma al lettore appare sempre passiva, moralista, troppo seria e troppo costruita a volte. Costantemente preoccupata delle apparenze, modula il proprio atteggiamento per non scontentare nessuno ma celando le sue vere emozioni e rasentando la falsità.

Eppure proprio questa rettitudine le farà fare breccia nel cuore di chi ama, al contrari della sua antagonista (moralmente parlando) Mary Crawford.

La Austen ci descrive in realtà una vittima della sua epoca che l’etichetta condanna a tacere la sua spontaneità  e la sua libertà emotiva. La storia di Fanny è un’accusa al codice di comportamento femminile che prevedeva la negazione di sé, la passività e l’epilogo della storia, dimostra come solo attenendosi a questo si poteva sperare nella felicità domestica. Futuro negato a chi invece percorre strade diverse, perdendo stima e rispetto della comunità.

La morale che via via prende piede, pagina dopo pagina, è come il denaro, la comodità degli agi e l’assenza di fatiche non siano buoni maestri per un’indole corretta e virtuosa ma al contrario disciplina e difficoltà  diano la giusta consapevolezza della sopportazione e del buon costume.

La figura più ironica e quasi grottesca di tutta la storia è la zia Norris. Disegnata come una zitella, dal tono acido e dalle battute glaciali, la donna manifesta una meschinità talmente bassa da essere comica, creando degli intervalli spassosi nel corso della narrazione.

Con la pecca di un’edizione non azzeccata, scarsa nell’impaginazione, nella qualità della carta e nella copertina, abbiamo chiuso il libro come sempre ci succede con la Austen. Felici, soddisfatte, appagate.

Seppur il tono della storia a volte ha rallentato la lettura perché un po’ ripetitivo, quasi didascalico, non possiamo che consigliarlo di cuore.

Adatto agli amanti dei classici, delle storie in costume. Consigliato a chi cerca un libro che ci parla non solo di un ambiente passato ma anche di una moralità ormai scomparsa regalando al lettore un quadro completo del tempo, più bello di una fotografia.

 

 

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