L’educazione – Tara Westover

Titolo: L’educazione

Autore: Tara Westover. Questo libro è la sua storia e forse l’inizio della sua rinascita emotiva.

Editore: Feltrinelli

 

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5

 

 

Nell’Idaho, a ridosso delle montagne, vive una famiglia di mormoni, lontano da qualsiasi comodità.

C’è un senso di indipendenza che accompagna la vita in montagna, una sensazione di intimità e isolamento, quasi di dominio. In quei vasti spazi puoi navigare da solo per ore, galleggiando su pini, cespugli e rocce. E’ una quiete che è frutto dell’immensità, che ti calma in virtù della sua stessa vastità e rende irrilevanti le questioni umane”

Il padre ha costruito attorno ai suoi cari un mondo a sé, fatto di paura, limitazioni, rinunce. Niente soldi, niente legami con lo stato. Predica continuamente di una fine imminente, della rigorosa autosufficienza, del male nascosto in ogni cosa o persona non siano loro stessi.

Tara è la più piccola tra fratelli e sorelle. La sua infanzia è stata diversa dalle altre. Niente scuola, a favore di un’educazione casalinga più consona al credo religioso ma che di fatto non è mai avvenuta.

Nessuna socializzazione con il mondo esterno, nessun amico. Le giornate passano aiutando la madre erborista o il padre in discarica, nonostante quest’ultima occupazione non sia adatta alla sua età.

Tara è una bambina sveglia, curiosa ma anche obbediente ed ossequiosa. Le sue orecchie hanno sempre ascoltato le prediche del padre, hanno sempre memorizzato il male che, secondo lui, imperversa fuori dal loro contesto familiare.

I giorni trascorrono facendo provviste in vista del momento finale in cui chi non ha risorse per l’autosufficienza perirà.

Tara aiuta la madre con le erbe, che hanno sostituito la medicina  tradizionale in maniere fanatica e surreale. Neanche difronte a situazioni gravi che si verranno a creare a seguito di incidenti, la ragionevolezza avrà la meglio.

” L’erboristica, disse, era una dottrina spirituale che separava il frumento dalle erbacce, i fedeli dagli infedeli”

Inoltre la bambina, poi adolescente, è costretta ad aiutare il padre nella discarica. L’uomo, ormai preso da una smania febbrile di ottimizzare i tempi e prepararsi alla fine del mondo, lavora senza alcuna sicurezza né tutela per l’incolumità dei figli che, infatti, subiranno agghiaccianti incidenti.

Negli spazi vuoti lasciati dall’intransigenza del padre, Tyler, il fratello con il carattere più tranquillo, conquista Tara. Grazie a lui, inizia lentamente a maturare dentro di sé l’idea che la vita non si concluda entro i limiti di cui parla il genitore. La ragazza percepisce che la conoscenza, i libri, non sono un veleno.

Il suo riscatto però passerà attraverso prove troppo grandi e dolorose. Il feroce attaccamento ai precetti religiosi le si è cucito addosso come un vestito che non riesce più a togliere.

Tara è combattuta, intellettualmente debole e sola.

Il fratello Shawn, violento e aggressivo, la prenderà di mira umiliandola in ogni modo, aggredendola fino a romperle le ossa e soprattutto esercitando una pressione psicologica peggiore di qualsiasi prigione.

La madre è una figura ambigua sino alla fine, apparentemente lucida ma succube del retaggio familiare. Le sue erbe curative non sono meno pericolose della violenza fisica.

Tara si apre in punta di piedi uno spiraglio nella vita normale. Studia, a volte prepotentemente, altre con svogliatezza. Prova ad integrarsi in contesti per lei completamente nuovi seppur comuni a tutti. Non si apre, non si lega. Gli interrogativi che si porta dentro sono più grandi di lei.

Attraversa momenti di depressione, di crisi di panico. Affronta il dolore fisico quasi fosse la necessaria espiazione per una figlia che non è come le si chiede.

La scuola, l’istruzione, saranno un cancello difficile da varcare ed un paesaggio nebuloso da visitare. Il sapere sarà a volte lama a volte petalo sulla sua pelle.

Starà sempre in cerca della verità, di risposte ma soprattutto di amore che dai genitori non ha avuto in maniera sana e naturale, Tara rimane tenacemente attaccata alla corda dell’educazione cercando ogni giorno di afferrarne un pezzetto in più per non precipitare nell’abisso dell’ignoranza e dell’estremismo.

Una lettura surreale per la crudeltà dei contenuti soprattutto alla luce del carattere autobiografico. Nella disumanità degli eventi che vengono narrati, si tocca con mano quanto possa essere lontano il limite dell’inimmaginabile.

L’uomo può raggiungere un’astrazione dalla realtà, può distorcere talmente tanto pensieri e concetti, da trasformarli in armi potenti ed azzeranti.

La pratica religiosa, qualsiasi essa sia, deve avere un contorno ben preciso nella sua messa in pratica. Il sacrificio che potrebbe richiedere non può schiacciare ma elevare, deve essere una prova non una tortura.

Quando ciò non avviene, quello che chiamiamo fondamentalismo ha intaccato l’animo del fedele trasformandolo in un fanatico.

Siamo rimaste particolarmente toccate dalla figura della madre. La donna inizialmente sembra non avere la forza di ribellarsi al marito ed alle sue regole. Subisce un grave incidente che non l’aiuta ad esprimere la sua individualità.

Tara però racconta momenti, dialoghi, parole di comprensione, condivisione ed addirittura incoraggiamento da parte del genitore. La madre la esorta a non mollare, ad essere tenace. Eppure lo farà sempre sottovoce, di nascosto. non difenderà mai la figlia veramente, glielo farà solo credere. Si mostrerà a conoscenza di alcuni verità dolorose della vita di Tara senza aver mai pensato di porvi fine.

L’estremismo del padre, fatto di ignoranza, di fanatismo e di disturbi reali del comportamento, sono la forza catalizzatrice di tutte le dinamiche familiari. Nonostante la sua anaffettività e la sua noncuranza dei figli, rimane il collante della famiglia, la voce del padrone, la guida del gregge.

L’estremismo della madre è di una violenza subdola. Nasconde dietro erbe e medicamenti una passività ancor più grave dell’azione. La donna non ha la forza emotiva per imporsi e riesce sino alla fine a vedere la disgregazione degli affetti tra i figli, l’odio e la violenza come se non la riguardassero.

La Westover, prima di regalare questa lettura a noi, lo ha fatto a sé stessa. Rivivere i ricordi, ricostruire gli eventi e metterli su carta è sicuramente stato terapeutico. Messa con le spalle al muro, ripudiata dalla famiglia e sempre disegnata come sbagliata, la scrittrice ha fatto leva sull’unica armi di cui tutti disponiamo per venire fuori dagli inferi e risollevarsi come una fenice dalle ceneri. Quest’arma è l’educazione, la cultura, la conoscenza.

Uno stile crudo e tagliente, un’atmosfera cupa e desolante. E’ stata una lettura faticosa che ti trascina verso il basso, ti avvicina a quella parte dell’essere umano che ha solo bestialità. Fino alla fine un senso di impotenza e di impossibilità di riscattarsi accompagna il lettore inesorabilmente.

Emotivamente molto impegnativo, questo romanzo sicuramente lascia il segno, educa su quello che là fuori non possiamo neanche immaginare.

Consigliato agli amanti delle biografie e delle vite che passano inosservate pur essendo grida d’aiuto. Adatto a chi cerca una lettura forte, che tiene incollati alle pagine, che cattura emotivamente.

 

 

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