Le tre minestre – Andrea Vitali

Le tre minestre

Autore: Andrea Vitali. Scrivere può essere una passione talmente forte da diventare una necessità. Questo è quanto accaduto ad Andrea Vitali, medico che ha smesso il camice per impugnare la penna.

Editore: Mondadori

 

Un Vitali inedito che rimane scrittore ma questa volta protagonista del racconto.

Rievoca un periodo lontano, quando era bambino ed il mondo era tutto una scoperta e un mistero. Ci parla di un passato semplice ed umile. Una casa in campagna dove trascorreva parte delle vacanze estive, tre sorelle zitelle che si occupavano di tutto.

Zia Caterina, golosa e arrendevole, addetta alla spesa ed alla cucina, nominata simpaticamente Ministro degli Interni

Zia Paola, segaligna e taciturna, si occupava delle relazioni con parenti e amici e gestione amministrativa della casa. Nominata pertanto Ministro degli Esteri

Infine zia Colomba, meticolosa e osservatrice, che si occupava dell’orto e degli animali. Nominata quindi Ministro dell’Agricoltura.

Andrea è cresciuto al ritmo lento della natura, fatto di giochi all’aria aperta, tanta fantasia ed a tavola tante tante minestre. Una pietanza, questa, considerata indispensabile dalla tradizione contadina per ritemprare lo spirito e rinvigorire il corpo. Un tripudio di verdure colorate, qualche spezia per insaporire, un po’ di lardo o grassi simili per dare consistenza.

Proprio dalla presenza di questo piatto così importante, Vitali bambino storpia il nomignolo delle “ministre” e lo trasforma nelle ” tre minestre”. Come le zuppe infatti, le zia sono di diversa consistenza, sapore e pesantezza ma tutte buone!

“Pulisce viscere e cervello dalle scorie accumulate visitando luoghi stranieri e per rientrare in sintonia con il mondo domestico è medicina insostituibile, quasi come la purga mensile”

 

Nel suo caratteristico stile esilarante, lo scrittore ricorda alcuni aneddoti di quel periodo. Tra questi la famosa minestra di barbabietole che, dopo una consistente scorpacciata, gli colorò l’urina di scuro facendogli credere per qualche ora di essere in fin di vita.

Oppure la padella colma di burro, lasciata sulla stufa, dove la zia Cristina immergeva e lasciava cuocere delle bistecchine per ore finché non assumevano la consistenza di quelle strisce di carne secca che si vedono in mano ai cowboys del Far West. Il burro infatti, oggi alimento quasi peccaminoso, un tempo era il condimento più usato. Il sapore di qualsiasi pietanza, anche una semplice crosta di pane, se cotto nel burro assumeva un sapore quasi mistico che oggi non conosciamo più.

Come succede nelle commedie di Vitali, il racconto si snoda intorno ad un equivoco che in questo caso viene affidato ad un semplice panino di farina bianca.

Tale panino, al tempo dal costo proibitivo, era passato in segretezza di mano in mano tra le zie ed il nonno allettato, fino a perderne le tracce e ritrovandolo come fosse appena fatto.

Nonostante consistenza e colore dimostrassero che non era di “primo pelo”, la zia Cristina , che era stata la prima ad averlo in mano (nonché la prima a perderne le tracce) lo considerò un miracolo prezioso. Il piccolo alimento, alla fine della storia, dopo ricerche e misteri, domande e supposizione, avrebbe però fatto una fine più buffa dell’inizio.

La bellezza di questa lettura è riscoprire abitudini ormai dimenticate, buone usanze che abbiamo perso col progresso e con loro purtroppo ci è sfuggita tutta la magia, i sapori e gli odori che portavano.

“…drogheria Redaelli, un meraviglioso mondo a sé dentro la vita del paese, vero e proprio paradiso dell’olfatto creato da essenze, asabesi, mentine, tè, caffè, tisane e prodotti coloniali in pacifica convivenza”

 

Oggi il mondo si muove troppo in fretta. Vitali ci chiede di fermarci insieme a lui per rispolverare il piacere di alcuni gesti. La cucina di un tempo ad esempio si basava sulla politica del risparmio, che non significava piatti precotti (neanche se ne trovavano) bensì pietanze semplici e genuine. Il pasto quotidiano era un momento di sostentamento più che conviviale.

Quando però si aveva un ospite, tanto più se quest’ultimo era una persona di spicco (come un religioso), la politica cambiava completamente. Il pasto diventava un atto di ospitalità, cortesia, educazione. Il come e quali piatti sarebbero stati serviti aveva un significato anche simbolico di rispetto, ringraziamento della visita.

“…salame nostrano, prosciutto crudo in fette trasparenti arrotolate sui grissini, prosciutto cotto, galantina…lasagne di carne, stracciatella…arrosto di manzo, sacca farcita…coniglio in fricassea, cotolette…”

 

Alla fine della buffa storia, lo scrittore ci regala tante ricette della sua infanzia che probabilmente impressionerebbero qualsiasi nutrizionista contemporaneo ma a noi richiamano alla mente l’odore che si sentiva nelle cucine delle nostre nonne, quel misto di salato e dolce che si portavano addosso sul grembiule. Odori che diventano sensazioni e poi ricordi che fa sempre bene tenere stretti al cuore e “ripassare” ogni tanto per non perderne le  tracce come le tre minestre hanno fatto col panino!

 

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