Le signore in nero – Madeleine St John

Titolo: Le signore in nero

Autore: Madeleine St John. Donna colta, un po’ snob e terribilmente riservata, la St John, originaria dell’Australia, viveva a Londra con la sola compagnia di un gatto. Schiva alle amicizie ed ancor di più alla notorietà, non ha scritto purtroppo molte opere, riscoperte postume alla sua morte

Editore: Garzanti

 

  • Copertina: ♥♥/5
  • Storia: /5
  • Stile: /5

 

Ai magazzini Goode’s le dipendenti portano la divisa. Si tratta di una sorta di vestito nero, con poca stoffa che si adatta un po’ a tutte le corporature senza in alcun modo valorizzarle. Una seconda pelle che viene indossata per tutta la settimana mantenendo quell’odore tipico dei lavaggi a secco.

“Gli abiti erano fatti di crespo di rayon e disegnati in uno stile che ricordava i tardi anni trenta,  scelto per la sua linea discreta e anche perché non richiedeva troppa stoffa”

 

Il grembiule nero rende individuabili le commesse ed è anche simbolo di un’epoca. Siamo negli anni Cinquanta, a Sidney. Il grande magazzino Goode’s vende articoli per signore benestanti con autista e cagnolino al seguito. Comprare lì è uno status symbol, per molte un sogno.

Qui  c’è ancora il gusto nel toccare le stoffe, fare la fila al camerino e chiedere l’intervento della sarta per qualche aggiustatina.

Qui si sceglie il vestito da cocktail, ancora in voga, si controlla la provenienza dei tessuti, la precisione dei ricami rigorosamente fatti a mano.

“…un abito poteva essere più di un rivestimento più o meno alla moda…poteva essere arte”

Qui alcuni modelli, tra i più prestigiosi, hanno un nome, come se fossero creature autosufficienti, consapevoli.

Anche se il vestito nero vuole livellare le individualità delle commesse, sotto ognuno di essi si nasconde una personalità diversa che con il lavoro si ritaglia un’evasione dal quotidiano ed una piccola indipendenza in una società ancora maschilista.

Patty Williams, uno scricciolo di donna, di quella categoria che non fa nulla per valorizzarsi, sempre nell’ombra, sempre condiscendente, con in bocca il sapore amaro di una maternità mancata e di un marito disinteressato.

Miss Jacobs, addetta alle riparazioni, parla poco, si mescola raramente con le colleghe per la sua estrema riservatezza che desta non poche curiosità.

Fay Baines la più giovane, almeno all’inizio del romanzo. Una trentenne appariscente che, a dispetto del suo apparire provocatorio, è alla disperata ricerca di un uomo da sposare, tranquillo e dolce.

Magda è quella che tiene alto l’umore, sprona al cambiamento e fa della bellezza un dovere. Sempre pronta a fare festa, a combinare ed organizzare per far si che tutto funzioni, tutto sia impeccabile e di stile. Una fata, come è stata definita in prefazione, che con vezzo e capriccio, cerca di cambiare quello che le sta intorno.

Ultima ad entrare in scena al Goode’s è Lesly Miles, un’adolescente priva di stile appena uscita dai banchi di scuola che si presenta a tutti con il nome Lisa, simbolo della voglia di varcare la porta dell’età adulta ed essere trattata come tale.

Ognuna di loro ha un sogno nel cassetto che non svela ma che brucia dentro e chiede di essere realizzato. Una speranza di un futuro diverso da un anonimo vestito nero.

Una commedia ironica scritta in modo fluente, una finestra nel microcosmo di Goode’s, un mondo che non c’è più.

Questo libro ci ha riportate indietro nel tempo, in  anni che oggi sembrano preistoria. Andavamo al liceo a P.zza Fiume, a Roma. Il traffico ed i rumori della via Salaria si ammutolivano, varcate le porte della Rinascente. Per noi era un paese delle meraviglie, dove i capi non erano avvicinabili neanche ai saldi.

Commesse come barbie, profumate e sorridenti.

Non c’erano i centri commerciali né gli outlet. Non c’era l’acquisto sul web che ha impoverito tutto il resto, rispondendo alla velocità con cui si muove oggi il mondo.

Per noi, pronte nello spirito a conquistare il mondo, quel grande magazzino rappresentava l’età adulta, l’indipendenza, un cosmo di notti di passione con biancheria di seta e pizzi, spiagge tropicali con costumi all’ultimo grido, feste a bordo piscina con un flute in mano.

A questo mondo la St John ridà vita su carta. Apre le porte di un’epoca elegante e sobria, ancora riservata e moralista.

Ci siamo affezionate a Patty, così cristallina e semplice da subire senza mai ribellarsi se non con timido accenno. Una donna disillusa e demoralizzata che, con grande discrezione, riesce a soffocare la sua emotività.

La St John è inoltre riuscita a cogliere magnificamente quel momento di amarezza che si impadronisce di una madre che vede la figlia crescere ed allontanarsi dal nido. Ha regalato al lettore piccoli stralci di vita quotidiana dove il genitore con cautela lascia che il proprio bambino dispieghi le ali per diventare adulto.

Nel romanzo le protagoniste cercheranno di realizzare sé stesse, ridimensionando i propri sogni su misure più realistiche. Lo faranno singolarmente senza sapere di muoversi all’unisono.

Donne irretite in ruoli preconfezionati, che in punta di piedi una società sessista obbliga a rimanere nell’ombra. Ma i desideri, la voglia di vedersi realizzate ed avere un obiettivo sarà più forte di qualsiasi tradizionalismo.

L’uomo, in varie vesti, colpevole dell’infelicità e della disillusione, sarà spinto fuori dai riflettori con i modi eleganti e fini del mondo femminile che più ci piace.

Una lettura divorata in pochissimo tempo. Brillante e piacevole, di cui serberemo un bel ricordo.

Consigliato a chi ha desiderato almeno una  volta nella vita di entrare in un grande magazzino come Goode’s e comprare con disinvoltura almeno un capo esposto. Adatto a chi cerca una lettura ironica, leggera ma di spessore; a chi pensa che ci sia un limite per cercare il proprio posto nel mondo…sarà sorpreso del contrario.

 

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