La storia di Christine di Elizabeth von Arnim

Titolo: La storia di Christine

Autore: Elizabeth von Arnim

Editore: Bollati Boringhieri – 2019

Pagine: 147

Prezzo: eur 10.00 brossura

 

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5

 

Christine ha solo 22 anni.

E’ inglese ma si reca a Berlino per prendere lezioni di violino e poter iniziare una carriera.

Nel suo paese ha lasciato la madre, cui rivolge lettere appassionate, dove le racconta ciò che la colpisce.

Quei fogli dove impulsivamente raccoglie le sue giornate esprimono tutta la nostalgia che sente verso il genitore e il desiderio di tornare quanto prima a casa.
Una malinconia che non viene in alcun modo mitigata dall’accoglienza che ha ricevuto.
La città di Berlino le appare fredda e distaccata
“È priva di mistero, di atmosfera, ti butta tutto in faccia senza pudore”
Il tono che trasuda dai resoconti di Christine è molto intenso, passionale. Il rapporto che ha con la mamma è stretto e speciale , talvolta quasi eccessivo. Sembra una specie di dipendenza quella che la tiene unità al genitore.
Vuole fare bene, mettere a frutto la lontananza per la brama di tornare quanto prima al seno materno e non doversene separare più.
Come è veramente il clima che si respira nella Berlino dell’estate 1914?
La gente è tesa, come se si aspettasse qualcosa di grosso. Indugia, si fa pensosa. Durante le cene si parla a mezza bocca, si fanno allusioni, si accennano a speranze innominabili. Christine, col suo tedesco stentato ed il suo patriottismo, si inserisce molto male nel contesto e si accorge dell’affettazione che la circonda.
L’unico raggio di sole nel suo soggiorno è la presenza del maestro di musica Kloster, uomo affabile e premuroso, con cui  sente di poter essere spontanea e sincera.
Poi un altro legame, ancor più importante sboccia inaspettato, quello col giovane Herr von Inter, conosciuto durante una cena. Un ufficiale ben addestrato dagli occhi particolarmente espressivi.
La guerra arriva, come un grosso nuvolone di cui si sospettava l’imminenza. Agli occhi di Christine si palesa la vera Germania. Un paese in cui si ha piena fiducia nell’uomo che lo guida, di cui si appoggiano le scelte e a cui si deve fede e obbedienza incondizionata come se il primo compito di ogni tedesco fosse quello di diventare suddito leale e vero cristiano.
In questa amara rivelazione e nel voltafaccia di chi si credeva amico, Christine va verso l’epilogo, lasciando un’ultima lettera dove non si aspettava un futuro tanto crudele.
Un libro che si legge come semplice storia epistolare di una giovane inglese all’estero oppure con occhio più attento, afferrando le immagini nitide e crude che la von Arnim ci dà di un paese difficile da perdonare.
Emerge una Germania scalpitante, carica di energia pronta a scendere in battaglia per dispiegare un esercito pronto da tempo.
I tedeschi sono visti come popolo fortemente nazionalista, sudditi felici di un Kaiser che li abbassa a ciechi burattini in attesa di uno spettacolo dove non saranno mai protagonisti.
La descrizione del tedesco medio, partita nelle prime lettere con tono pacato, si accende trasformandosi in invettiva alla fine del romanzo
“Che popolo ingannato! Sfruttato e ingannato; premurosamente guidato  passo dopo passo fin dall’infanzia a quel certo abito mentale necessario ai suoi sfruttatori, a certe passioni coltivate e incoraggiate con cura, certe vecchie idee, tutte anacronistiche…”
Christine non si risparmia nel tirar fuori disprezzo , disistima, avversione per chi si fa abbindolare al prezzo della guerra, credendo di ricoprirsi di gloria ma in realtà facendo un patto di rinunce e dolore.
Nonostante ci sia un unico narratore che parla solo ed esclusivamente alla madre sotto forma di lettera, questo romanzo è stato molto bello.
Una bellezza struggente che inizia con leggerezza ma via via affonda in un contesto sempre più cupo ed ineluttabile.
Il finale, trattandosi di uno scritto che prende spunto dalla vita dell’autrice, non lascia grandi interpretazioni.
I giovani ed inesperti occhi di Christine sono riusciti a cogliere molto dei tedeschi. Lo hanno fatto con un tono a volte quasi infantile, ingenuo fino a restituirci un’immagine devastante dello spirito del tempo.
Questa scrittrice non sbaglia un colpo.
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