La storia delle api di Maja Lunde

Titolo:La storia delle api

Autore: Maja Lunde
Traduzione: Giovanna Paterniti
Editore: Marsilio
Pagine: 432
Prezzo: eur 22.50 brossura
  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5
Sinossi:
Tra passato presente e futuro, legate dal progetto di un rivoluzionario modello di alveare, le vicende di William, biologo inglese vissuto a metà dell’Ottocento, di George, apicoltore dell’Ohio che si affida alla tradizione per contrastare la misteriosa moria del 2007, e di Tao, giovane madre che, in un futuro non molto lontano, si dedica all’impollinazione manuale in una Cina dove le api e i colori sono ormai scomparsi, ripercorrono il rapporto tra l’uomo e la natura nel corso del tempo. Dall’Europa all’America, quel plico di preziosi disegni, racchiuso in un baule al seguito di una donna sola e appassionata, attraversa terre e secoli con il suo bagaglio di invenzioni e regole, depositario di una conoscenza, e di una speranza, da affidare alle generazioni che verranno. Custode di un sogno che deve diventare tale per tutti noi.”
È strano pensare come un essere molto piccolo, fastidioso, di cui si sopporta poco la presenza possa intaccare l’equilibrio mondiale con la sua scomparsa.
La storia di questo romanzo si apre su uno scenario apocalittico dove l’estinzione di un insetto ha generato, con una catena di eventi, una situazione drammatica a cui gli uomini non riescono a porre rimedio.
Siamo nel 2098 le api sono sparite e l’impollinazione non avviene più.
Nel corso della narrazione, ci saranno passaggi illuminanti attraverso cui  il lettore comprenderà in che modo, nel tempo, il sistema è collassato.
All’inizio si sa solo che la popolazione è stata frazionata, la produzione ridotta ai minimi termini e povera di varietà, alcune terre sono completamente disabitate e le poche anime che sono rimaste sono dei fantasmi che si muovono tra macerie irrecuperabili.
In questo futuro c’è Tao, una donna che è costretta ad un lavoro impensabile come l’impollinazione manuale, proprio a causa del collasso mondiale. Lo svolge obbligatoriamente, insieme al marito, alienata da qualsiasi tipo di altra attività se non quell’ora che trascorre con il suo bambino a casa.
In un passato molto lontano vive William, un bottegaio che ha perso la voglia di mettersi in gioco ma che nasconde una sensibilità non trascurabile che vorrebbe armonizzare l’opera dell’uomo con le esigenze di madre natura per mezzo di una nuova invenzione nell’apicultura.
Due secoli dopo, troviamo George che inizia a vivere i primi segni di quella che sarà poi la crisi mondiale e lo fa con una perdita personale che lo commuove e lo scuote nel profondo. La natura gli parla attraverso le sue creature.
I capitoli sono molto brevi e i salti temporali sono consistenti, tanto più che soltanto alla fine il lettore riesce veramente a far luce su quella che è dall’incipit una trama unica ed epica.
Questo ritmo non solo rende la storia divorabile in tempi brevi ma crea  fame di sapere, conoscere l’epilogo.
Tao, William e Giorgio non sono gli unici personaggi forti della narrazione. Al loro fianco ci sono anche i figli che svolgono un ruolo fondamentale non soltanto per aggiungere al tema ambientale anche quello dell’amore familiare ma anche per fare da punto di svolta degli eventi.
Sarà infatti il piccolo Wei-Wen che trascinerà Tao fuori dalla quella quotidianità che umanamente l’ha azzerata per portarla a guardare oltre.
Sarà Thomas che cercherà di dare al padre un punto di vista più rispettoso nei confronti della natura svincolandolo dal profitto personale. Sarà invece Edmund una involontaria spinta alla reazione di un genitore che proverà a conciliare i bisogni umani con quelli della natura.
Una lettura che vola, più di 400 pagine che si leggono in un soffio e con un pizzico di apprensione poiché si avverte in maniera, tangibile anche se portata agli estremi, la possibilità che quello che stiamo facendo oggi alla natura, che lo scarso o nullo rispetto che abbiamo nei suoi confronti e che l’indifferenza che spesso caratterizza le nostre azioni possano avere conseguenze irrimediabili.
A fianco ad un tema prettamente naturalistico e anche molto forte si avverte l’importanza che l’autrice vuole dare al ruolo familiare, ai legami ancestrali che uniscono genitori e figli, all’influenza che le nostre azioni i nostri pensieri possono avere nei confronti di chi fa parte della nostra famiglia.
La prosa è magnificamente fluida, lo stile è accurato, diretto, e non stanca mai. La capacità di frammentare la storia in tre archi temporali ma riuscire nello stesso tempo a tenere il lettore attento e presente su ognuno dei tre non è da tutti.
E pensare che questo libro si trovava sui nostri scaffali da parecchio tempo, preso con una promozione e creduto un romanzo romantico di cui, per gusti personali, rimandavamo sempre la lettura.
Al contrario si è rivelato un libro importante, sinceramente uno dei primi che leggiamo a tema ambientalista. Un argomento spinoso che mette in discussione le abitudini di tutti, il modo di pensare comune.
La distopia che ci racconta la Lunde non è di un futuro così tanto lontano. Lo scenario apocalittico che ci descrive, e di cui non ne delinea che degli scorci comunque terrificanti, deve essere un punto di partenza, uno spunto di riflessione per tutti quelli che credono di poter mettere mano alla natura, deviando o modificandone il corso, senza che questo abbia delle conseguenze.
Il libro parte da una presenza piccola nella nostra esistenza, da un essere che occupa un posto infinitesimo anche fisicamente qual è un’ape e dimostra come un granello di sabbia possa fare la differenza.
” Io avevo 8 anni e capivo solo una piccola parte di quel che c’era scritto. Ma il timore reverenziale della mia insegnante lo capivo, il libro l’aveva toccata nel profondo. E capivo anche questa cosa della cultura. Senza conoscenza non siamo niente. Senza conoscenza siamo come bestie.”
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