La ricerca del passato di Michela Marzano: Stirpe e vergogna

Titolo: Stirpe e vergogna

Autore: Michela Marzano

Editore: Rizzoli

Pagine: 400

Prezzo: eur 18.05 su IBS

  • Copertina: 4♥ su 5
  • Storia: 4♥ su 5
  • Stile: 5♥ su 5

 

Il passato non passa.
E’ inutile illudersi che certe cose non succederanno più.
La storia ci sorprende e ci coglie impreparati. Fino a quando non saremo capaci di rielaborarla profondamente, ci inghiottirà, ci spingerà a ripetere gli stessi errori, ci forzerà la mano e svelerà la nostra cattiveria

Forse parte tutto da lì, da una teca che c’è sempre stata sotto agli occhi ma dove il pensiero non si è mai fermato, tra medaglie e tessere che raccontano un passato ben preciso.

Un santuario che celebra scelte oscene.

Anche le teche parlano, mescolano sacro e profano, orgoglio e disonore.
Michela Marzano forse giustifica la scelta di diventare fascista dettata dalla paura del comunismo, dall’amarezza del rientro in patria ma fedeltà e caparbietà al regime no.
Ricerche in vecchi scatoloni, lo sforzo di far riemergere i ricordi, domande senza risposta, stralci di testimonianze.
È necessario, perché se non si rielabora, il passato ci agisce, passa da generazione in generazione fino a che qualcuno non deve farci i conti e lentamente prende forma.
Lo vediamo in bianco e nero nonno Arturo Marzano che combatte sul Carso, la prigionia, il ritorno amaro dove la vittoria c’è ma la giustizia no.
Proprio qui fa breccia il fervore di un giovane Mussolini, che ha parole e toni giusti per accendere gli animi dei delusi.
Nonno Arturo è poi magistrato in una Salento d’altri tempi, vicino a lui Ferruccio, il figlio e papà della scrittrice.
Il passato diventa presente di vecchie cugine che ricordano poco, di uno scantinato pieno di umidità, di dettagli di cui si chiede il conto.
Archivi, vecchie pubblicazioni, un plico di lettere, un diario, giornali datati, sentenze. Quel passato prende forma, incolpa e assolve chi è rimasto e pure chi non c’è più.
Un romanzo che è un grido alla vita, a ridare fiducia, a riconoscere.
Una storia che si erge contro il potere distruttivo dei segreti e dei silenzi.
Molto diverso dai 2 precedenti romanzi letti, qui abbiamo trovato voglia di chiarimenti, bisogno di risposte.
È una autobiografia circoscritta ad anni precisi, che si muove fluidamente tra ieri e oggi poiché forse ai chiarimenti del passato potrebbero corrispondere i perché del presente.
Il rapporto paterno emerge potente ma squilibrato. È proprio qui che si annidano frustrazione e rabbia.
Un legame di indiscutibile amore ma anche fatto di tanti vuoti, di silenzi, di poche pacche sulle spalle ma tante regole.
L’ho sentito fin dentro la pelle questo racconto perché ho anche io un passato di sinistra, di resistenza e antifascismo costato la vita. Per me è una valigia di ideali e valori inalienabile e mi sentirei sgretolare se scoprissi che è una storia macchiata, bucata, raccontata a pezzi.
Comprendo lo sgomento della Marzano nel trovare una piccola traccia di scelte che si vorrebbero disconoscere e da cui si vuole prendere le distanze.
Capisco la sua necessità di affondare le mani nel passato cercando un appiglio, il rinnovo di una stima che dopo la scoperta è andata perduta.
È stata una lettura altalenante. In alcuni momenti c’è stato grande distacco e dalle parole trapelavano solo rabbia e frustrazione, soprattutto nella prima parte.
Nomi, date, resoconti, eventi storici hanno frenato l’entusiasmo che però poi è decollato nella seconda metà del romanzo.
Qui infatti l’autrice è tornata con il suo stile pulito, intenso, pieno di sfumature e profondo.
Il libro “Idda” rimane per ora insuperabile ma anche questa lettura regala le sue riflessioni che sono l’eredità dei romanzi scritti bene.
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