La poltrona di Kazia – Janina Maciaszek

La poltrona di Kazia

Janina Maciaszek

Caravaggio Editore

 

“Cara poltrona! Per me sei sempre come una macchina miracolosa che mi riporta nel passato, m’incatena, m’incanta, m’intristisce, mi rallegra e mi intristisce”

Kazimira, che tutti chiamano Kazia, ha sessantasei anni. E’ a casa, la cena in forno, le luci accese. Sta aspettando due persone molto importanti che non vede da tempo.

Si siede in poltrona per ingannare l’attesa, si mette comoda. Una coperta di ricordi la avvolge, la distrae dal presente e la riporta indietro nel tempo quando aveva nove anni.

Attraverso gli occhi di questa bambina, poi donna e madre, una nazione, la Polonia chiede di riscattarsi. Riscattare la propria immagine spesso oggetto di pregiudizi, riscattare il suo ruolo storico, politico ed intellettuale. Spolverare l’ignoranza su un popolo che non è soltanto Marie Curie, Copernico, Chopin.

E’ un viaggio lungo quello di Kazia, dalla Polonia rurale degli anni venti e trenta quando le famiglie vivevano della terra, di genuinità e semplicità. Quando anche un paio di scarpe erano un lusso. Quando non tutti i bambini andavano a scuola, molti dovevano dare una mano lavorando da subito.

Un viaggio che passa per un periodo buio, quello nazista. Un’occupazione che travolge un popolo attonito ed impreparato, che cerca di non piegarsi ma non ce la fa. Un popolo che si è prodigato per salvare gli innocenti nascondendoli, aiutandoli in segreto. Ma il  nemico è troppo potente e disumano ed azzera ogni dignità. Dai campi di concentramento i sopravvissuti non sono uomini ma ombre.

Un viaggio che vede arrivare la speranza di una rinascita, che viene subito messa a tacere da un nemico nuovo che non guarda più alla razza ma al ceto sociale.

C’è tanto di storia contemporanea in questo libro ma il contesto non pesa sul racconto. E’ uno scenario silenzioso dove si muovono i personaggi. Sono ferite aperte e profonde che non vediamo nella loro interezza ma di cui Kazia riesce a trasmetterci il dolore, la rabbia, la sofferenza

“Questi maledetti ci rendono egoisti, cattivi, paurosi. Opprimono e trucidano non soltanto i corpi, ma devastano anche le anime. E io sto qui con la mia bambina a maledirli”

Kazia, seduta in poltrona rivive tutto. Rivive la sua partenza per Cracovia e la scoperta di una vita diversa, di acqua calda e comodità, di stoviglie e bagno. Rivive il destino crudele della famiglia che la ospitava. Rivive le sue scelte, le sue responsabilità tra cui la più importante che ha un nome, Ewa.

Rivive la fatica di sbarcare il lunario, il profondo turbamento tra la misericordia cristiana, il perdono e la cieca rabbia che gli avvenimenti suscitano in lei.

Rivive il suo ritorno a casa, i suoi genitori anziani, una partenza importante per Gerusalemme.

Rivive un amore nato inaspettatamente e, proprio perché tardo, ancor più bello. Ci fa incontrare di sfuggita, senza levare nulla alla meravigliosa sorpresa, una persona che ha fatto la storia ed ha iniziato da umile, con omelie coraggiose.

Dalla poltrona Kazia ricorda, pensa, sorride e si rattrista. Si fa domande, alcune senza risposta.

Poi un colpo di clacson. Gli ospiti tanto attesi sono arrivati. La coperta dei ricordi scivola via, ma la poltrona, quel posto speciale quasi un nido, rimane lì sempre a disposizione.

La scrittrice Janina Maciaszek è nata a Varsavia e l’amore per la sua terra e  per il suo popolo traspare quasi concretamente nel romanzo. Ci ha regalato una Polonia forse inedita, scevra di luoghi comuni, densa di religiosità e dignità.

Un paese che merita un giudizio diverso nella storia e nel presente.

Stile semplice, pulito. Descrizioni brevi ma puntuali, precise. La storia scorre velocemente, lo scenario lo conosciamo ma rivederlo atttraverso gli occhi di chi lo ha vissuto sulla pella ma non come vittima diretta è sicuramente originale. Kazia infatti non era ebrea e non ha subito deportazione. Si è vista passare davanti persone a lei care trascinate via e, pur rimanendo “libera” né ha pagato e subito le conseguenze che però, col suo carattere schietto, tenace e coraggioso è riuscita a rivestire di bello.

La Maciaszek è morta purtroppo prima di vedere pubblicato il libro. Ci dispiace perché avremmo voluto dirle che le pagine sono troppo poche e che, col suo stile, avrebbe potuto eguagliare volumi ben diversi con altrettanto successo. L’unica nota negativa è proprio che il libro finisce presto. Ci sarebbe piaciuto leggere di più sui personaggi, sulle vicende, approfondire. Peccato Janina non avere altre occasioni.

 

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