La distanza tra me e il ciliegio – Paola Peretti

La distanza tra me e il ciliegio

Autore: Paola Peretti

Edizione: Rizzoli

 

 

Mafalda è una bambina di 9 anni, va a scuola, ha due genitori che la adorano. E’ una bimba semplice, genuina, intelligente e riflessiva. I suoi occhi però non sono proprio come li vorrebbe lei. C’è una nebbiolina fastidiosa sopra, che la costringe a portare spessi occhiali, a fare visite in ospedale e che ogni giorno diventa sempre più estesa.

Mafalda sa che presto rimarrà al buio. Glielo hanno detto e lei ha ancor più fame di vita e di esperienze proprio perché sa che il suo tempo è limitato. Quindi non si fa problemi a mescolarsi insieme ai compagni, a chiedere di giocare e provare tutto anche se a volte viene scansata o messa in ridicolo. Nella sua testolina semplice e vivace c’è la forza necessaria per passare oltre certe piccole umiliazioni.

 

“Io sono bravissima a giocare a mosca bendata. Lo so che il gioco non si chiama proprio così, ma a me non piace quella parola, cieca. Preferisco bendata, perché quando giochi resti al buio solo il tempo della partita. “

Per scoprire quanto tempo le resta per riuscire ancora a vedere e fare tante cose, Mafalda conta i passi che da fuori scuola la separano dal riconoscere nitidamente un albero di ciliegio che si trova nel cortile.

Settanta, sessanta poi un giorno cinquanta…Mafalda si accorge che i suoi occhi stanno peggiorando troppo velocemente e si sente smarrita.

 

La rumena Estella, che a scuola l’ha presa in simpatia, con la sua rudezza cerca di tirarle su il morale e le consiglia di tenere un quaderno dove dovrà scrivere le cose che può fare anche senza luce, cancellando quelle non fattibili. La vita della piccola bambina allora trova una spinta in più ed ogni giorno sembra essere una nuova sfida.

La fragilità di Mafalda attira anche l’attenzione di Filippo, etichettato come un bulletto ma forse non è che un bambino che soffre. Seppur per dinamiche diverse, anche lui si sente solo e senza scampo.

Filippo diventa così non solo un’ombra protettiva per la bambina ma anche l’amico con cui condividere pazzie ed avventure. A lui non interessano gli occhi spenti di Mafalda ma solo il suo cuore.

La vita di Mafalda corre tra alti e bassi. Momenti in cui non fa niente se vede quasi nulla perché l’empatia le permette di usare anche gli occhi degli altri e poi ci sono gli odori, le sensazioni tattili. Momenti in cui Mafalda si sente diversa, frustrata per non poter fare quello che vuole e come lo vuole. Così si chiude nello stanzino di Estella oppure fantastica di andare a vivere sul ciliegio dove lo spirito della nonna la aspetta.

Mentre legge e parla con Cosimo del Barone Rampante, cui chiede consigli e suggerimenti immaginari, la piccola Mafalda perde completamente la vista. Un giorno apre gli occhi ma è come se li tenesse ancora chiusi. E’ tutto grigio intorno a lei, percepisce le forti fonti luminose e null’altro.

 

“Camminare al buio fa sentire strani, sembra di nuotare tra le foglie liquide e nere di un albero con i rami che cercano di fermarti, ma gentilmente, senza strapparti la maglietta. E tu vai avanti sentendoti in pericolo, ma anche in equilibrio, sei da sola, ma come sorvegliata da qualcuno che non sai chi è”

Mafalda si arrabbia perché pensa a tutto quello che non ha fatto in tempo a fare. Pensa a chi gli spiegherà i colori, a come conterà le stelle, a come guarderà la lavagna o scenderà con lo slittino durante una gita scolastica sulla neve. Strappa quel quaderno che ha racchiuso sogni infranti. Scappa via, da tutti, per dimostrare innanzitutto a se stessa che ce la può fare.

Come traspare dal poster della rana e del fenicottero appeso in camera, mai arrendersi. Cercare sempre il proprio essenziale e non mollare mai la presa. E Mafalda, nonostante ormai sia cieca, si guarda intorno e cerca.

Un romanzo stupendo, così semplice da non farti sospettare la valanga di emozioni che possa travolgerti. La storia ce la racconta Mafalda, con un linguaggio fatto di domande strampalate, un inglese distorto, espressioni colorite. Lo fa con un coraggio, una determinazione, una caparbietà ed ostinazione che solo un bambino riesce ad avere.

Si perché i bambini hanno quella capacità incosciente di poter scavalcare i muri, di riuscire in tutto e per tutto, di poter controllare a loro piacimento il destino e realizzare con uno  schiocco di dita i propri sogni. Si chiama resilienza.

Una parola bellissima e ricca, che ci dice di non arrenderci, di toccare il fondo ma guardare su verso la luce, di non perdere la forza di lottare per quello che vogliamo, di non farci schiacciare dagli eventi.

Mafalda è così, probabilmente come la mano che ha tenuto in mano la penna con cui ci è stata raccontata. Tante percezioni si possono descrivere solo se ce le hai cucite addosso. Anche la Peretti combatte la sua battaglia per rimanere a guardare con i suoi occhi.

La forza e le difficoltà, la rabbia e il senso di sconfitta che l’autrice sicuramente ha vissuto, sono passati su questa simpatica bambina che ci fa sentire piccoli ed inadeguati al suo cospetto. Ecco, la sua storia è uno di quei casi in cui  noi grandi impariamo dai piccoli.

Consigliato a chi ama le storie di vita raccontate senza la pesantezza o l’emotività che ci accomuna ma attraverso un filtro più delicato come quello infantile. A chi vuole versare una lacrima, a chi ha un problema da cui non riesca a venir fuori non solo fisicamente ma anche mentalmente, a chi non riesce ad essere resiliente e a chi vuole capire cosa vuol dire.

Grazie alla nostra libreria del cuore per averci fatto conoscere questa bella storia.

Libreria tra le righe

 

 

 

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