La bambinaia francese di Bianca Pitzorno

Titolo: La bambinaia francesce

Autore: Bianca Pitzorno. Autrice di romanzi soprattutto per ragazzi. Dopo una laurea in Lettere antiche si trasferisce a Milano per frequentare la Scuola Superiore delle Comunicazioni, dove si è specializzata in cinema e televisione. Ha lavorato per la Rai nella realizzazioni di molti programmi per bambini e ragazzi.
Tra i suoi libri per i più piccoli ricordiamo Quando eravamo piccoleLa bambola dell’alchimistaLa casa sull’albero; trai i libri per i ragazzi: Parlare a vanvera, Re Mida ha le orecchie d’asinoTornatrás. 

Editore: Oscar Mondadori

Pubblicazione:  brossura 2006 collana Best Sellers

Pagine: 495

Costo: eur 10.20

 

  • Copertina: ♥♥♥♥♥/5 suggestiva
  • Storia: ♥♥♥♥♥/5  geniale
  • Stile: ♥♥♥♥♥/5 coinvolgente

 

Parigi, 1832. In una gelida sera d’inverno la giovane Sophie sviene per la fame in casa della étoile dell’Operà Céline Varens, dove si è recata per una consegna di biancheria.

E’ l’inizio di una singolare amicizia tra la ballerina e l’orfana, che grazie a Céline frequenterà la scuola tenuta da un vecchio aristocratico, ammiratore dell’Illuminismo e della Rivoluzione, che tutti chiamano Cittadino Marchese.

Insieme a Toussaint, un giovane schiavo nero originario delle colonie, Sophie affronterà ogni sorta di pericolose avventure in Francia e in Inghilterra, per salvare la ballerina dai suoi persecutori e la piccola Adèle, sua fuglia, dagli inquietanti misteri di una cupa dimora inglese chiamata Thornfield Hall”

 

Dalle prime pagine di questo libro, il lettore viene subito catturato da un fervente contesto storico che sarà sempre un’ombra costante durante la narrazione. Un’ombra non cupa anzi chiarificatrice degli animi che muovono la storia; da una parte gli affezionati al vecchio sistema, gelosi dei propri privilegi e impermeabili a qualsiasi cambiamento, da quella opposta i più lungimiranti che percepiscono la necessità di sbarazzarsi di regole ormai obsolete, usi e costumi appartenenti ad un’altra epoca.

Sul trono siede Filippo d’Orléeans, che ha ripristinato la libertà di stampa e la bandiera della Prima Repubblica francese, azioni che hanno richiesto molte vittime e portato tante famiglie alla povertà

Siamo intorno al 1830, sono gli anni delle rappresentazioni teatrali di Hugo, del magrissimo e focoso Dumas, della scandalosa decisione di una donna lasciata dal marito, di venire a vivere a Parigi scrivendo romanzi firmati con il nome di un uomo, di cui porta anche in vestiti: George Sand.

In una soffitta nei sobborghi di Montmartre vivono la piccola Sophie e la madre Fantine. Respirano ogni giorno un’aria mesta, fatta di rinunce e sacrifici. Per cercare i soldi necessari a portare un tozzo di pane in tavola, la bambina prende in carico una commissione al posto della madre e si reca a fare una consegna nella zona borghese di Parigi.

Questo punto di svolta rappresenta per Sophie l’inizio di una nuova vita. La permanenza in casa della ballerina Céline, le cure sue e di Toussaint, la conoscenza del padrino della donna che la coinvolge in giornate piene di studio e coetanei, segnano profondamente il carattere della ragazza che sente nascere in lei un senso di gratitudine nei confronti della sua protettrice che non l’abbandonerà mai.

Caparbia, intelligente e sveglia, ostinata e coraggiosa. Sophie sarà sempre coerente con sé stessa, eticamente giusta e soprattutto affamata di libertà

Odio essere una domestica, odio dover obbedire a tutti con un inchino, odio dover lavare e stirare la biancheria…odio non avere il diritto di intervenire in un discorso se sento che gli altri stanno dicendo qualcosa che non mi convince, e dover nascondere sotto il materasso il libro che sto leggendo quando sento un passo che si avvicina”

Come in molti ambienti dove girano soldi, l’avidità riesce a superare gli affetti portando a gesti egoisti e crudeli. La bella ballerina, dopo essere abbandonata dal marito, perde anche tutti i suoi averi.

Sophie, che nel corso delle pagine è cresciuta, nonostante Céline diventi per lei irraggiungibile, decide di prendere con sé la piccola Adèle, figlia di lei, e proteggerla.

Da questo momento le pagine si fanno intense e coinvolgenti. La bambinaia, costretta a fingersi altra persona, per stare vicina ad Adèle, la segue in Inghilterra a casa di un uomo che non ha mai mostrato il minimo affetto per la piccola. Freddo, scostante e insensibile, facile preda dell’ira, il ricco signore nasconde un terribile segreto nella sua dimora d’infanzia.

Ha suscitato da subito la nostra antipatica che si è andata accrescendo sino alla fine. Una figura che non sembra avere spessore umano né quella dose fisiologica di bontà che ognuno dovrebbe possedere.

Cari lettori, circa a metà del libro, nella trama viene introdotto un personaggio molto famoso, protagonista di un classico tra i più letti della letteratura. Una figura cui la Piztorno è rimasta fedele sino a che il suo modo di pensare e la sua fantasia di scrittrice non le hanno dato la licenza di cambiare un po’ le carte in tavola.

Quando siamo arrivate a questo punto della lettura, eravamo così stupite dalla scoperta che ci siamo andate a riguarda la trama, seppur nota, di questo romanzo cui si ispira l’autrice per verificare l’effettivo collegamento con quanto stavamo leggendo.

Il nostro coinvolgimento nella narrazione si è andato ancora più infittendo, portandoci di volata fino alla fine del libro, con grande trepidazione.

Dal punto di vista della costruzione narrativa, è stato molto interessante vedere l’intreccio diviso tra una prima parte con una voce narrante oggettiva, una parte centrale di carattere epistolare ed una finale dove è la protagonista a raccontare.

I tre diversi registri hanno reso sicuramente piacevole e ritmica la lettura. Ad essere sincere la parte epistolare, forse per via dell’edizione, abbiamo faticato un po’ a leggerla perché per dare il senso della lettera, è stato usato un carattere corsivo. Probabilmente questo è stato però un modo molto realistico per comprendere come un tempo lontanissimo dai mezzi di comunicazione moderni era difficile scrivere ma anche leggere le lunghe missive che arrivavano.

In alcuni passaggi la storia cade un po’ nei cliché delle grandi favole. L’orfana salvata dalla bella e ricca signora, la vicina di casa che approfitta avidamente della morte della madre di Sophie, una meschinità gretta e da manuale di alcuni personaggi ma la ricchezza dei particolari, gli intrecci e l’amore che la scrittrice ha messo in ogni parola, curata e ben scelta, hanno reso la lettura bella.

L’idea di ispirarsi ad un classico per poi prenderne  posizione opposta rispetto a determinati concetti e soprattutto legarne una parte all’intreccio de “La bambinaia francese” è stato sorprendente ed ha assolutamente reso più ardente l’interesse per questo libro.

La figura a cui ci siamo affezionate di più è stata il piccolo Toussaint, di cui abbiamo seguito la crescita sino alla fine. Un bambino di colore, figlio del colonialismo più meschino, quello che ti strappa alla famiglia per portarti in una terra straniera e renderti oggetto di divertimento o di uso quotidiano. Toussaint simbolo della falsità dei pregiudizi che lo vedevano incapace di istruirsi, di amare, di valere come individuo. Ragazzo che è riuscito a non farsi calpestare moralmente, tenendo silente dentro sé la dignità dell’uomo.

Per concludere, se avete bisogno di una lettura avvincente, sorprendente, leggera ma molto intensa, vi consigliamo questa signora di Sassari, che ha scritto molti libri per giovani e ragazzi e per questo è capace di unire quel pizzico di magia alla realtà per creare storie da ricordare

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