Il Morbo di Stefano Valente

Titolo: Il Morbo

Collana: Intuizioni (ci sono titoli meravigliosi, date un’occhiata)

Autore: Stefano Valente. Glottologo e lusitanista, è studioso delle lingue e letterature ibero-romanze. Tra i suoi titoli: il romanzo storico Del Morbo – Una cronaca del 1770 (Serarcangeli, 2004), Premio Athanor; il thriller esoterico Lo Specchio di Orfeo (Barbera, 2008), tradotto anche in Portogallo (O Espelho de Orfeu – Ésquilo Edições), La Serpe e il Mirto (1978), edito da Parallelo45, il giallo fantascientifico Il Delegato Poznan è stanco (DeAgostini/Libromania) e la space opera Sensei delle Stelle. Per Graphofeel ha pubblicato Il Barone dell’Alba (2016) e Sei Giorni (2018)

Nel 2013 ha vinto il premio Linguaggi Neokulturali (www.kultural.eu) con l’inedito Di altre Metamorfosi, primo su 2046 romanzi, nel quale affronta da nuovi punti di vista la tematica della “pericolosità” e del rifiuto della diversità; nel 2017 si è classificato al terzo posto nel Premio Costadamalfi con Il Barone dell’Alba. (cit.www.graphofeel.it)

Editore: Graphofeel

Pagine: 192

Prezzo: eur 18.00

  • Copertina: 5♥ su 5
  • Storia: 5♥ su 5 
  • Stile: 4♥ su 5

 

Immaginate una baia, avvolta dalla nebbia.

Nel porto neanche un filo di vento smuove la polvere. Gli scafi sono cullati da un languido beccheggiare, monotoni e soli.
Uno sguardo si spinge all’orizzonte, in cerca di una nave mercantile che cambi il destino.
Ma le acque del mare portano altro. Vele alte sino al cielo, una fiancata lunga e nera, è il Vascello.
Non porta spezie, né parenti lontani, non porta tessuti sgargianti né manodopera. Il suo stare così immobile in mezzo al mare pare come se aspettasse il momento giusto, la breccia, la debolezza.
A guardarlo un minuscolo regno del Nord, un porto di pochi abitanti. Mentre osservano curiosi la tosse si porta via un bambino. Il giorno dopo un giovane, poi un altro ancora e in un attimo si diffonde qualcosa di subdolo e cattivo che non si fa sconfiggere.
“Quegli accessi di tosse che laceravano pleure, che rintronavano contro emaciate pareti toraciche, erano uno dei sintomi più impressionanti del morbo”
Passa il tempo e si avverte qualcosa di silente ed invisibile, di inesorabile e letale che passa tra quella gente.
Sentore di cenere.
Se prima si bruciavano solo i vestiti, adesso anche le case. I corpi, privati anche dell’ultimo saluto.
Nell’aria una scia di odore raccapricciante, dolciastro e stomachevole di carne morta e cotta nella speranza che tra la cenere ci sia anche il nuovo arrivato.
Prima di qualsiasi contagio, prima della conta dei morti o delle sepolture c’è la superstizione. Quella è la vera malattia, un’epidemia che afferra alla gola e stringe la ratio. Un brulicare di pensieri incoerenti dove la ricerca del capro espiatorio è salvifica.
Si accusa tutto ciò che è diverso, ci si scaglia contro chiunque non sia conosciuto.
La piccola baita diventa una necropoli, i sopravvissuti delle larve allibite e davanti alla porta del medico non c’è più una panacea di guarigione.
All’orizzonte il Vascello, avvolto dall’aria salmastra, chissà se Speranza o Nemesi del piccolo porto che sta morendo.
Attraverso un coro di voci prende piede una storia sinistra e amara. I resoconti di chi ha patito o solo immaginato, di chi è stato vittima o solo spettatore compongono l’immagine di un luogo di vita e poi di morte, uno spicchio di mondo che il lettore vede involversi fino alla sua scomparsa.
In una sorta di gioco a incastri, Stefano Valente tratteggia con una costruzione originale il quadro di una realtà storica terribile dove la paura si unisce all’ignoranza spegnendo la possibilità di salvare dal morbo del tempo una piccola baia di abitanti.
Il lettore spazia da un diario a un narratore sconosciuto, da una lettera a una testimonianza e senza sforzo ricrea nell’immaginario quello che succedeva quando un’epidemia oggettiva si univa alla superstizione.
Un romanzo breve molto intrigante che richiede la fiducia di lasciarsi avvolgere nell’atmosfera spettrale di Lille Havn. La narrazione non accompagna il lettore in maniera ordinata e cronologia, sta a lui unire le voci in un coro polifonico.
Questo genere di costruzione narrativa è molto particolare e riesce secondo noi solo con determinati soggetti. Valente è riuscito a capire quali.
Con un linguaggio curato, a volte fluido e pulito, altre più onirico e articolato, ha scritto un resoconto dalle tinte esoteriche particolarmente suggestivo.
La scoperta di questo autore da noi mai letto ha acceso un vivo interesse. La sua bibliografia riporta altre opere insignite di riconoscimenti importanti e pensiamo proprio di partire da lì per approfondirlo quanto merita.
La casa editrice Graphofeel da quasi 3 anni ci regala testi di nicchia che ci lasciano sempre appagate. Questa volta ha fatto di nuovo centro!
Precedente Un caffè con Maigret Successivo Menzogna e sortilegio di Elsa Morante