Titolo: Il miniaturista
Autore: Jessie Burton. Scrittrice e attrice di teatro. Con questo romanzo d’esordio ha venduto 1.000.000 di copie
Editore: Bompiani
- Copertina: ♥♥♥♥♥/5
- Storia: ♥♥♥♥♥/5
- Stile: ♥♥♥♥/5
Dentro una storia come tante, quasi banale, in cui una giovane diciottenne viene data in sposa ad un commerciante molto più grande di lei, si possono nascondere segreti, zone d’ombra, sorprese inaspettate.
Amsterdam 1686
Petronella ha sposato Johannes Brandt con le migliori intenzioni. L’accoglienza nella casa padronale è però fredda. Marin, la cognata è una donna austera, anaffettiva, che vive di privazioni. I domestici, Otto e Cornelia, non le portano il dovuto rispetto e Johannes non c’è mai, preso da attività di cui nessuno sembra sapere nulla.
Marin con le sue carte geografiche e la sua prepotenza, Johannes con la sua porta sempre chiusa, Cornelia e Otto con il loro santuario, il loro linguaggio silente fatto di verdure tagliate, argenteria tirata a lucido, acqua sporca nel secchio e bagliori di lame”
La casa in miniatura che le è stata regalata per passare il tempo giace dimenticata in camera sua. Le stanze sono la copia della dimora dei Brandt ma mancano tanti dettagli per renderla ancora più realistica.
Un giorno, un po’ per gioco, Petronella si rivolge ad un artigiano per richiedere delle miniature. Da quel momento le arrivano dei pacchetti, contenenti oggetti della casa o abitanti, talmente simili agli originali da metterle paura.
L’artigiano sembra sapere dettagli e particolari intimi, quasi profetici.
“I pezzi sono echi o presagi? O più semplicemente tentativi fortunati”
Ogni pezzo, simbolo di una straordinaria maestria, è un’incursione nella sua intimità.
La vita, iniziata con giornate sin troppo tranquille, si trasforma per la ragazza in un turbinio di avvenimenti.
Petronella scopre il segreto che nasconde il marito, che ne giustifica le lunghe assenze; spia una cognata che non è quella che vuole far sembrare; sente passi e rumori in casa, di notte, a cui nessuno vuole dare spiegazione.
Lo farà prima di tutto tenendo in mano, scrutando e tastando le piccole miniature che ritraggono gli abitanti della casa. Passerà le dita sulle pieghe dei vestiti, osserverà la carnagione, l’espressione del volto, leggendovi quello che il futuro le riserba.
La città è cadenzata da un pendolo che oscilla tra Dio e i fiorini. I commercianti si serrano dietro un gretto moralismo che non ammette screpolature. Petronella vedrà l’ineluttabile dispiegarsi davanti a lei e sarà impossibile evitarlo.
La tenacia, la grinta e l’amore non saranno sufficienti a cambiare il presente ma le persone sono come fili sparsi di un arazzo che va tessuto.
“T’can vekeeren”
Le cose possono cambiare. Abbiamo la vita che ci costruiamo. Le miniature non servono a delegare la propria sovranità piuttosto a farla recuperare.
“Siamo un esercito di donne. Schiave della miniaturista. Credevo mi stesse rubando la vita, invece ne apriva gli scomparti e mi spingeva a guardare dentro”
L’orologio che scandisce le ore di Petronella non segna solo il tempo ma anche la caducità, il cuore spezzato, l’ignoranza e la follia.
Petronella, nonostante niente sia stato come si aspettava, si è legata a chi è rimasto e conserverà il ricordo di chi non c’è più. La miniaturista è un’ombra che si nasconde tra la folla, che l’ha confusa prima ma di cui sa che sentirà la nostalgia.
Emergerà la lealtà di chi ha dato tanto ma ha raccolto solo briciole; l’affetto di chi è sempre rimasto; il legame di chi si è compromesso nell’ombra.
Un romanzo molto affascinante e suggestivo, un racconto di vita reale reso magico da una figura immaginaria quale il miniaturista che si potrebbe considerare metafora dell’importanza dello sguardo che volgiamo al nostro futuro.
Come con una casa di bambole, l’uomo prende per giocattolo tutto ciò che vede, pensando di essere un gigante ma non lo è. Siamo piccole miniature sparse per il mondo.
Leggendo il romanzo sembra di vedere un quadro fiammingo, con i personaggi caratterizzati nei minimi particolari, il chiaroscuro esalta i volti, la luce si posa sulle pieghe degli abiti scuri facendo scintillare i bianchi colletti inamidati. Il brulicare di figure e personaggi indaffarati tra i canali, tra faccende, scambi e commerci ci ricorda i dipinti di Brueghel.
L’atmosfera della città, il fervore commerciale, l’autorità delle gilde, sono resi splendidamente. Si tocca con mano la brama del guadagno, della ricchezza, la paura della penuria e della perdita dei privilegi. Dalle acque dei canali olandesi emerge, come un puzzo nauseante, la bassezza dell’animo umano, la corruttibilità, lo spirito vendicativo.
Amicizie e amori possono essere calpestati se in gioco vengono messe carte più potenti come il denaro o l’onta.
Petronella sembra vittima degli eventi, burattino in mano altrui. Invece, pagina dopo pagina, si riscatta.
Unico neo, se proprio dobbiamo trovarlo, si intravede nello stile che a noi è risultato perfetto nel rendere la storia reale e coinvolgente ma a volte un po’ poco fluido.
Ci sarebbe piaciuto che il miniaturista e le piccole creazioni conservate nello stipetto avessero avuto più spazio nel libro ma comprendiamo che sono gli uomini veri a fare la storia e non le loro imitazioni.
Consigliato a chi cerca un po’ di magia. A chi vuole attraversare lo specchio come la famosa Alice per entrare in un mondo dove niente è come sembra. Adatto agli amanti delle storie avventurose, oscure, un po’ stregate che però non varcano mai i confini dell’impossibile.