Frankenstein – Mary Shelley

Frankenstein

Autore: Mary Shelly. Nel 1816, durante una stagione piovosa e fredda, Mary Shelley trascorse una vacanza a Ginevra in compagnia di amici. Per spezzare la monotonia del tempo grigio, la sera la comitiva si riuniva davanti al camino raccontando di fantasmi e mostri. Mary e due suoi amici decisero di scrivere ciascuno una storia basata sul soprannaturale; i due  lasciarono l’opera incompiuta, soggiogati dalla bellezza delle Alpi, Mary scrisse un capolavoro.

Editore: Crescere edizioni

 

Robert Walton è un giovane ventottenne amante dell’avventura e del sapere. La sua sete di conoscenza lo rende intrepido.

Dopo aver fatto diverse esperienze su navi e baleniere, decide di noleggiare un’imbarcazione per sé e partire per il Polo Nord alla ricerca di terre inesplorate. Durante i preparativi per la partenza scrive a Margareth, sorella cui è molto affezionato.

Sono proprio queste lettere a raccontarci una parte della storia.

Walton e la sua ciurma fanno salire a bordo quello che inizialmente sembra un naufrago malridotto.

“I suoi occhi hanno un’espressione selvaggia e addirittura folle…Più spesso è malinconico, disperato, e a volte digrigna i denti, come schiacciato dal peso di un dolore insostenibile”.

Tra i due uomini c’è subito empatia. Il desiderio di Walton di condividere i suoi progetti, esprimere la sua sete di sapere, trovano nel naufrago un perfetto e pacato ascoltatore. Questi però, percependo da subito l’ambizione e la tenacia del suo salvatore, rivede d’un colpo sé stesso, i suoi sogni, il loro tragico epilogo e decide di raccontargli la sua storia come monito.

Inizia così a parlare Victor Frankenstein.

Victor è figlio di un illustre e benestante uomo di pubblici affari e di Caroline, una dolce ed altruista ragazza. Elizabeth Lavenza, che vive con lui in affido, è una compagna di giochi, sorella, amica. Victor è di intelligenza viva e fremente…

“curiosità, ruciante volontà di impadronirmi delle leggi segrete della natura, e una felicità vicina all’estasi quando esse mi si svelavano…

Nessuno, se non chi ne abbia fatta esperienza personale, può capire le seduzioni della scienza. ..in campo scientifico c’è sempre spazio per la scoperta…”

 

Siamo nel XVIII° secolo e mentre egli frequenta una comune scuola ginevrina, porta avanti parallelamente i suoi interessi. Un libro di Cornelio Agrippa è l’inizio di una ricerca ben precisa sulla pietra filosofale, sull’elisir di lunga vita per allontanare il corpo umano dalla malattia.

Dalle scienze naturali gli studi abbracciano anche altri rami del sapere. Dall’animo di Victor emerge dirompente il desiderio di diventare pioniere di nuove scoperte e far luce sugli aspetti ancora insondati della natura. L’incontro con il chimico Waldmam segna l’inizio della sua fine.

Lo studio della vita è necessariamente connesso con la morte quindi Victor frequenta ossari e sale anatomiche e scopre impercettibili forme di vita.

Contrariamente a quanto le trasposizioni cinematografiche portino a pensare, nel racconto non c’è spazio dedicato alle macabre azioni che portano alla creazione del mostro. Il lettore viene invece trascinato e coinvolto nel vortice di frenesia cui soggiace il protagonista. Una specie di febbre, una brama, un fuoco ardente.

 

Quando la creatura si desta, l’uomo prende il posto dello scienziato e realizza di aver creato un essere vivo, che reclama il suo spazio e avanza le sue pretese. L’uomo sente sulle spalle la fatica delle notti insonni, la nostalgia degli affetti trascurati e guarda la sua creazione che non ha un nome, né un aspetto umano ma in cui albergano sentimenti primordiali come l’appartenenza a chi l’ha creato, la rabbia per essere rifiutato, la vendetta.

Alcuni sono in grado di abbassarsi alle più disumane bestialità per ottenere quello che gli è dovuto. La creatura senza nome si sente come un figlio che chiede al proprio padre di essere amato e accettato, così che egli sia in grado di amare ed accettare gli altri. E se questo viene rifiutato, la rabbia ottenebra i sentimenti più belli e la malvagità prende il sopravvento.

…la sua espressione parlava di un’amara angoscia mista a sdegno e a malvagità, la sua bruttezza lo rendeva quasi troppo orribile per poterne sostenere la vista…”

Il racconto si spiega su una terza voce narrante. La voce di un essere abominevole di aspetto ma impreparato ed impaurito do fronte al mondo come può esserlo un bambino. Un essere che scopre oggetti, luoghi, sensazioni ed emozioni per la prima volta ma senza una voce o una presenza consapevole vicino a fargli da guida. Un essere che comprende di non avere ricordi, né passato e che afferra la consapevolezza che, per quanti sforzi faccia, non potrà mai superare la diversità che lo separa dagli uomini cui tanto anela somigliare.

Un essere che da una piccola fessura, nascosto come fosse un colpevole, osserva i suoi simili dissetandosi di sapere. Ma non c’è nessun gesto o parola che risulti gradita se accompagnata da un aspetto deforme.

L’orrore, la diffidenza e la furente ostilità che gli uomini gli mostrano lo rendono altrettanto furente ed ostile trasformando quanto aveva di amabile in ciò che gli altri pensano che sia…una bestia. Questa stessa bestia intraprende così un lungo viaggio alla ricerca di chi gli ha dato vita, condannandolo e quando lo trova gli imprime la stessa sorte punendolo su ciò che ha di più caro.

La vendetta del mostro è implacabile e Frankenstein impazzisce dal dolore. Sulla sua coscienza pesa cupo il rimorso. Rimorso dell’uomo che da scienziato è stato accecato dall’avidità di dominare gli elementi della natura come un dio. Rimorso dell’uomo che non si è preso cura della sua creazione lasciandola in balia di istinti primordiali, rimorso di un figlio, un marito, un fratello che non ha saputo proteggere i suoi cari.

Tra i ghiacci di una landa desolata dove il più forte degli uomini non sopravvive, padre e figlio, uomo e bestia si rincontrano. E la storia ha fine.

Nonostante venga spesso presentato come un romanzo di paura, horror, noir, a noi questo libro ha lasciato un’impronta diversa.

E’ un romanzo sui sentimenti, quelli che albergano in ogni essere umano e prescindono la forma, l’aspetto che egli abbia.

E’ una storia sulla solitudine di non essere amato pur amando.

E’ una storia sull’egoismo di preseguire i propri obiettivi senza lungimiranza.

E’ una storia sul pregiudizio di giudicare una persona attraverso luoghi comuni, senza possibilità di riscatto.

Bellissimo lo stile della Shelley. Incalzante ma non troppo, scorrevole,  descrittivo soprattutto degli animi tanto da rendere la trama attuale. Continuiamo a vivere l’esclusione sociale di chi è diverso, continuiamo ad essere vittime inconsapevoli di chi fa scelte dettate dal proprio egoismo. Abbiamo ancora oggi, attorno a noi, i Victor Frankenstein e le sue creature e senza volerlo siamo spettatori dei loro scontri nel mondo.

Consigliato a chi vuole fare un viaggio nell’animo umano toccando i più puri dei sentimenti e poi i più abietti. Consigliato a chi ne ha solo sentito parlare e a chi si è fermato alla trasposizione cinematografica perché solo attraverso pagine e pagine di emozioni sapientemente scritte riusciamo a vedere un misero uomo reietto dove il resto del mondo vede un mostro

 

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