Estratto da La Luce che resta – Evita Greco

” …per un bambino, nessuno è davvero mai pronto. Puoi essere pronto ad amarlo, puoi essere pronto ad accudirlo, ma non sei mai davvero pronto a quello che un bambino può fare alla tua vita. A quello che verrà dopo, ma anche a tutto quello che è venuto prima”

 
Nel breve spazio che intercorre tra una fermata e l’altra del treno Carlo vede una luce che resta su una madre, che stringe la figlia in braccio non lasciando energia per nient’ altro. Riaffiorano in lui nostalgie passate, rese silenti nella coscienza. Sente il peso dei giorni che passano uguali, all’erta difronte a quella crepa dove sua madre sta in bilico da sempre.
 
Filomena non riesce ad allontanarsi da quel labile confine se non per poco. Lo fa inaspettatamente e  Carlo è lì, che tende la mano a quella figura fragile e pronta a smarrirsi di nuovo che si chiama mamma.
 
La piccola Vita e la semplicità dei suoi gesti, la dolce Cara che si sente sempre in difetto di maternità, senza volerlo apriranno uno spiraglio emotivo in quell’uomo ancora bambino e gli mostreranno che a volte i cambiamenti belli devono passare per una rottura che fa spazio a qualcosa di forte e più buono, alla luce, quella che resta.
 
Un romanzo poetico, dolcissimo e delicato. Una storia narrata con grande umiltà. 
Abbiamo sentito ogni parola sulla pelle, vibrare e penetrare oltre per arrivare al cuore. Dopo “Il rumore delle cose che iniziano” Evita Greco compone un altro scrigno di sentimenti e lo fa meravigliosamente.
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