Caro Ricciardi…

 

 

 

Caro Ricciardi,

per noi luglio era tempo del tuo arrivo. L’attesa premiata, la corsa in libreria, il romanzo stretto in un abbraccio sino ad arrivare a casa e poter mettere gli occhi su quelle parole che tanto bene e per tanto tempo ci hanno parlato di te.

Sorte amara. Ci hai detto addio.

Lo hai fatto un anno fa ma lo sai che ancora lo sentiamo forte e doloroso quel saluto?
Ci hai lasciato un vuoto nel cuore, un pugno allo stomaco.
Vorremmo sapere come stai, come sta andando la tua vita stravolta da un amore nuovo e potente.  Se hai ripreso il tuo lavoro con la stessa passione e dedizione, se i tuoi occhi verdi sono ancora pieni di lacrime e se riesci a gioire anche senza una parte di te.
Vorremmo sapere se gli amici a te cari sono riusciti a lenire le tue ferite con il loro affetto e la loro presenza. Ci mancano anche loro.
Ti abbiamo conosciuto con quel cucciolo d’uomo fermo all’incrocio tra Santa Teresa e il Museo. Piccola anima che guardava dei ragazzi seduti in terra che giocavano alle biglie simulando il giro d’Italia. Vita senza futuro che ripeteva dalle sue labbra smunte sempre la stessa nenia ” Scendo? Posso scendere”.
Un’immagine forte quella della morte dei bambini. Ma la tua storia non poteva che iniziare così, per far capire al lettore cosa avrebbe trovato, per fargli saggiare un po’ di quel tuo potere che in realtà è una condanna.
Uno scenario in bianco e nero, sotto un fascismo che ascende alla gloria. Una città che offre scorci mozzafiato, rumori e odori che ti entrano sotto la pelle e che ti si appiccica al cuore con quei vicoli caotici che pullulano di vita verace.
Tra quelle stradine abbiamo incontrato te, silenzioso, dimesso, quasi un’ombra. Te che cammini e intanto rifletti al caso che hai sottomano.
Te che cammini con gli occhi a terra per non incrociare lo sguardo di qualche altra anima che ha lasciato la terra con troppa violenza per non fare rumore.
Te che porti nel cuore un amore così potente eppure così timido che poi diventerà di sguardi, di parole dette dietro alla finestra, di incontri casuali e poi ancora tanto che un lettore neanche si immagina.
Ti siamo state fedelmente vicino te ne sei accorto? Ogni pagina scritta su di te, ogni parola, l’abbiamo assaporata, sedimentata, tenuta stretta.
Lo abbiamo fatto stagione dopo stagione.
Siamo state lettrici felici, appagate, trepidanti ed affezionate.
Sapevamo che non erano solo casi da risolvere. Nei tuoi libri c’è una città dall’atmosfera scomparsa, c’è un’epoca del nostro passato e c’è la vita di una piccola comunità di cui fai parte che nasconde in ciascun membro i propri scheletri nell’armadio.
È stato bellissimo incontrarti, e lasciarti andare via una sofferenza.
Così tanta da rimanere ancora qui, a luglio, ad aspettarti…sempre…
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